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Il mondo di Abascal, il più giovane allenatore d’Europa: “Io, l’orto, l’Italia e Monchi”

Guillermo Abascal è uno che si informa, studia, approfondisce, nel pallone e nella vita. “Amo conoscere la storia della città in cui vivo”. Qualche pagina l’ha scritta lui. È il più giovane allenatore d’Europa: a 32 anni guida il Volos in Serie A greca. “Il presidente è fissato con il calcio spagnolo, cercava un giovane emergente, quindi eccomi”. 

Tra le casette bianche in cui è nato Giorgio De Chirico, maestro della pittura metafisica. “Vedi? È questo che mi incuriosisce. Andare oltre. Sono un cittadino del mondo”. Del resto andò così anche ad Ascoli in B, il giorno in cui prese in mano la prima squadra dopo aver fatto bene in Primavera. ‘Guille’ si presentò in sede con i calzini rossi, in memoria del “presidentissimo” Costantino Rozzi. “Puoi incidere sul presente solo se conosci la storia”. 

Predestinato


In panchina a 22 anni dopo alcune stagioni nelle giovanili di Barça e Siviglia, ex compagno di Jordi Alba e Luis Alberto. “Giocare non mi divertiva. Preferivo analizzare la partita, imporre un’idea, capire come applicare una tattica. Ho studiato scienze motorie, poi ho iniziato i corsi da allenatore. Nel 2017, a 27 anni, ho lasciato la mia comfort zone per allenare il Chiasso in Svizzera. Ero il secondo allenatore più giovane d’Europa”. Oggi è il primo: “Il presidente voleva un calcio propositivo, così chiamò Javi Gracia per un consiglio. Lui è un grande: ha allenato Valencia, Watford, Malaga. Parlò molto bene di me”. Il resto è storia, anche grazie al suo procuratore Timmy Mescheder. “Non potevo rifiutare”.

Il suo campionato inizia domani. La prima giornata è in casa contro il Lamia. Abascal è carico: “Alleno un gruppo di qualità”. Tra loro c’è anche Sotiris Ninis, uno dei tanti “nuovi Messi” mai diventati tali. Meteora a Parma nel 2012/13. “Non hai idea delle giocate che fa. Quando l’ho visto gli ho detto che il calcio ha bisogno di lui. Ci credo davvero”. 

Con i più grandi


 Anche stavolta allena ragazzi più grandi di lui. “Non è mai stato un problema. Contro l’Aris ho incontrato Julian Cuesta, portiere, abbiamo giocato insieme a Siviglia dieci anni fa. Mi ha chiesto cosa ci facessi lì, perché non fossi in campo insieme a lui. Scherzando, ma non troppo, mi consigliò di rimettere gli scarpini”.

Guille sorride, spiega. “Non era la mia strada. Ora ho un’esperienza che altri non hanno. In fondo viviamo per questo, no? Il rischio, l’adrenalina, la pressione. A me lavorare in questo modo dà molta carica. Rendo meglio. A Chiasso ho allenato ragazzi di 6-7 anni più grandi, a Lugano ho avuto l’onore di lavorare con Cristian Ledesma. Professionista vero”.

Qual è il segreto? “Essere sinceri, non avere doppi volti. Io sono così”. E un po’ di merito va dato anche a Ramon Monchi, storico d.s. del Siviglia. Una volta uscito dal campo, Abascal ha lavorato nelle giovanili andaluse per un paio d’anni. “Ramon migliora ogni cosa. Scouting, giocatori, società, ambiente. In più ha un metodo tutto suo”.

Metodo Monchi


 Spiegato in questo modo: “Per lui i giocatori sono divisi in lettere: A, B, C, D. Ce ne sono centinaia, ognuno con le sue caratteristiche. Prima di acquistare un talento lo monitora per un paio di stagioni. C’è il rendimento in casa, in trasferta, contro club di alta classifica o in zona retrocessione. Non ha limiti. Il club cresce al ritmo che impone lui”. 

Abascal ha lasciato la Spagna nel 2017. Chiasso, Lugano e infine l’Ascoli, allenatore della Primavera nel 2019-20. Inizia alla grande, vince 13 partite, valorizza giovani, poi prende il posto di Paolo Zanetti in prima squadra, esonerato a gennaio. “Non era nei piani accettare la panchina così presto, ma il d.s. Antonio Tesoro aveva fiducia in me”.

Italia: casa

Abascal allena solo per una partita, vince 3-0 contro il Livorno, poi arriva Stellone e torna con la Primavera. Rientra “tra i grandi” ad aprile 2020, in pieno lockdown: “Abbiamo giocato 2 partite in 4 giorni, perse entrambe, poi mi hanno mandato via. Mi sono trovato bene però, ho vinto il campionato di Primavera 2 e allenato molti giocatori di talento. Scamacca, Padoin, Ranieri, Sernicola. Ascoli è sempre nel mio cuore”.

Anche da un punto di vista gastronomico. “La mia fidanzata è una chef, sul balcone abbiamo un piccolo orto. La passione per le piante è nata così, per caso, grazie al signor Marini del bar sotto casa ad Ascoli”. Il segreto è la pazienza. Guille ne ha da vendere. “Tra dieci anni mi vedo in Italia, vorrei chiudere un cerchio”. E continuare a coltivare l’orto.  

Francesco Pietrella

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