Dormire tre ore al giorno per arrivare all’obiettivo. Tiago Pinto chiama Mourinho: “José, ci siamo“. E Mourinho esulta. Perché Abraham era l’obiettivo numero uno per il post Dzeko. Tutt’altro che facile (il retroscena sugli agenti).
Ma c’era la voglia di farcela, e non a caso Pinto si era mosso di persona. Niente telefonate o meeting via web. Incontri faccia a faccia, pressing per convincerlo ad accettare l’Italia che, nei pensieri di Abraham, prima non c’era.
Partiamo dall’inizio: l’addio di Dzeko. La Roma non se l’aspettava. “Ma sei sicuro, Edin? Qui da noi sei importante“. Nulla. E i giallorossi, che pensavano di avere solo un problema a centrocampo, si erano ritrovati con un enorme caso davanti. Con l’Inter l’accordo è arrivato subito, ma il problema era il sostituto. Ed è lì che Pinto, parlando con Mourinho, ha guardato al Chelsea.
Operazione da chiudere subito, perché la concorrenza era fortissima: l’Arsenal. La squadra del cuore di Tammy, che voleva anche restare in Premier. O meglio, in Inghilterra e a Londra. Ma Pinto non ha smesso di provarci. 21 ore al giorno per 10 giorni. Senza sosta. Letteralmente.
E poi ci sono state le chiamate dello Special One quando Abraham ancora non aveva deciso. “So, are you coming?“. Stai arrivando? E Abraham ha detto Yes.
A Ciampino, erano in due fronte Roma: Abraham ovviamente, e Pinto. Non a caso. E poi c’erano i tifosi. Il resto è storia. Una storia che è iniziata più che bene.
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