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Capone story: “Dodici anni di Milan, che spettacolo. Cerco una squadra per tornare importante”

Al Milan era considerato uno dei migliori talenti del settore giovanile. Andrea Capone, fantasista classe 2002, ha lasciato in estate i colori rossoneri dopo una vita. Oggi è svincolato. In estate era andato al Varazdin, Croazia, in prima serie, ma l’avventura si è conclusa dopo una sola presenza: “Ho rescisso, lasciando sul tavolo due anni e mezzo di contratto. Sto bene fisicamente, e ho bisogno di qualcuno che torni a credere in me davvero. Una persona. Mi serve continuità, sono pronto a rinascere”.

 


 

Capone si è messo alle spalle, ormai, l’infortunio che lo ha tenuto fermo per mesi, la scorsa stagione: “Quell’evento mi ha cambiato sul piano dell’attitudine al lavoro. Mi alleno due volte al giorno da marzo scorso, sono pronto. Vengo da sei mesi ad alta intensità: il calcio croato è totalmente moderno, più europeo e rapido che in Italia. Giocano tutti palla a terra, con tante transizioni. Gente tecnica, specialmente i centrocampisti, che hanno personalità da vendere. Il livello è alto, e sono bravi perché hanno molta fame di spiccare il volo. Mi sono trovato benissimo con la squadra e l’ambiente, ma non è scattata la scintilla con l’allenatore”.

Quindi, Capone attende la chiamata per ripartire. Ala d’attacco, trequartista, mezz’ala. Ha vissuto il Milan per dodici anni: “Era la mia casa, poi da tifoso rossonero vestire quella maglia e allenarsi con la prima squadra è un’emozione che non puoi spiegare. Quando Maldini veniva a vederci giocare in Primavera era speciale: un capitano vero, anche da dirigente. Parole perfette, al momento giusto. Sempre tranquillità e consigli, mai pressione”.

 


 

La prima convocazione a Milanello con i grandi è arrivata con Gattuso: “Avevo sedici anni. Ero agitato ovviamente, mi ha dato due schiaffoni in amicizia, scherzando. Un bravissimo allenatore pretendeva molto“. Per cinque anni Capone è stato nell’orbita della prima squadra: “Ho sempre trovato bravissimi ragazzi prima ancora che calciatori. Ti fanno sentire a tuo agio. Ricordo Castillejo ad esempio, il primo a stare vicino ai giovani. Veniva al tavolo dei ragazzi aggregati dal vivaio apposta per parlare. Come lui anche Rafa Leao, con cui ho stretto un bel rapporto. Abbiamo parlato quest’estate, mentre stavo andando a giocare in Croazia: mi ha fatto un in bocca al lupo”. Poi beh, c’è Ibrahimovic. “Fuori dal campo era il primo a scherzare, un grande. In campo… chiedeva tantissimo. Ma è per questo che è diventato Ibra“. E Pioli? “Una figura paterna per noi giocatori, un mentore. Per questo i calciatori lo amano. Il suo gioco è sempre in evoluzione, molto moderno: i risultati lo hanno premiato”. 

 


 

Dal rossonero… all’azzurro. Capone è stato protagonista della cavalcata dell’Italia U17 fino ai quarti di finale al Mondiale del 2019 in Brasile. La squadra di Nunziata è uscita proprio contro i padroni di casa, guidati, in attacco, da Kaio Jorge, ora al Frosinone. “Eravamo una grandissima squadra. Pirola, Udogie, Gnonto, Ruggieri, Oristanio sono tutti arrivati in Serie A o in Premier League. E mancava Colombo per infortunio. Con Lorenzo ho un rapporto di fratellanza, abbiamo vissuto per dieci anni insieme al Milan, ha il potenziale per diventare l’attaccante della Nazionale in futuro”.

Una curioisità: il fratello di Andrea, Christian, oggi è in Serie C, all’Atalanta U23. “Se giocassimo insieme ci troveremmo anche con le bende agli occhi. Sarebbe bellissimo, troppo facile. Magari in futuro succederà, chissà. Intanto, cerco una squadra dove tornare a essere importante: lasciare il Milan dopo dodici anni non è semplice, ma in questo ultimo periodo lontano dal campo ho imparato molto. Sono cambiato. Nell’attitudine, nel sacrificio, nella mentalità. E voglio dimostrarlo: non c’è altra strada al di fuori del calcio. Darò il centouno percento”.

Luca Bendoni

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