Fuori Zvominir Boban, dentro Stephen Appiah. No, non è un’espressione ingiuriosa nei confronti del croato, ma una vera e propria trattativa di mercato sulla quale il Milan fece più di un pensiero.
C’è stato un tempo in cui il nome del centrocampista ghanese era sui taccuini di tutti i più importanti club europei. Stiamo parlando dell’estate del 2000, dopo tre anni a Udine Appiah aveva attirato su di sé le attenzioni di tutti.
Quell’estate il Milan stava cercando di risolvere i primi “mal di pancia” di Boban, combattuto tra il ritiro dal calcio e un’ultima grande stagione con i rossoneri. Serviva farsi trovare pronti, anche nel ruolo di centrocampista centrale, visto l’arretramento a regista che Zaccheroni fece fare al croato nella stagione dello Scudetto. E aveva individuato proprio in Appiah il profilo giusto per sostituirlo. Ruoli e qualità tecniche diverse, ovviamente, ma così giovane, forte e di prospettiva, che l’occasione era davvero ghiotta.
Così non persero tempo, chiusero l’accordo con l’Udinese e fecero firmare a Roma il contratto al centrocampisa ghanese. “Tutto fatto, sarai un nuovo giocatore del Milan”. Ma i rossoneri non avevano fatto i conti con Boban, che dopo un’estate di pensieri e infortuni, tornò in campo il 15 agosto del 2000 contro il Lugano, pronto e carico per una nuova stagione. Bellissimo pensarono a Via Turati, ma con Albertini, Ambrosini, Leonardo, Boban, Giunti, Gattuso e il nuovo acquisto Redondo, Appiah era di troppo.
Braida chiama il ragazzo e gli comunica il problema: “Stephen purtroppo non possiamo più acquistarti”. Si cerca una soluzione, ma con un contratto firmato le opzioni non sembrano essere tantissime. Ma Appiah incredibilmente va incontro ai rossoneri e con un gentlemen’s agreement straccia il contratto. Un gesto che il Milan apprezza a tal punto da sentirsi in debito. Invita il giocatore a Milano e gli regala un orologio d’oro con un’incisione: “Per te le porte saranno sempre aperte”. Le loro strade non si incrociarono mai più, ma quel ricordo Appiah ancora lo custodisce gelosamente in un cassetto.
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