“Sono cresciuto a nebbia e tondini”. L’ha detto tante volte Maurizio Arrivabene. Chi si intende di Formula 1, questo lo sa già bene: l’ormai ex ad della Juventus (anche se avrà ancora le deleghe di amministrazione in questo periodo di passaggio) ha lavorato per tre anni in Ferrari, la sua storia è nota. Figlio di una famiglia operaia bresciana, self made man, conosce Agnelli da una vita. Ma come è diventato così? Ci vogliono conoscenze, certo. Anche fortuna. Ma soprattutto idee.
“E in questo, Maurizio è sempre stato incredibile”. A raccontarlo è Franco Bisti Luconi. Accento tipico nord orientale, parla da Pinzolo, dove per anni è stato assessore. Ma cosa c’entra Arrivabene? 1985: Maurizio era a Madonna di Campiglio e lavorava all’ufficio del turismo con il compito di organizzare eventi.
“Ho un’idea, Franco: fondiamo una squadra di football americano?”. Immaginate la risposta stranita. Eppure, in qualche modo interessava. Come un piccolo tarlo: la curiosità di provare uno sport nuovo, che negli USA stava andando alla grande, c’era. “Ma dove lo facciamo?”. “Hai presente il lago ghiacciato di Madonna di Campiglio? Lì”.
Precursori è dir poco. Arrivabene, Luconi e altri 50 appassionati misero in piedi qualcosa di unico. Due squadre di Football Americano su ghiaccio, sponsorizzate dalla Chesterfield con la quale Arrivabene aveva trovato un accordo: divise, palloni, caschi e tutto il materiale. Cosa mancavano? Le scarpe. E Maurizio stabilì una partenership con la Diadora: calzature da atletica con applicati dei chiodini sotto la suola per cercare di mantenere più solido l’attrito sul terreno.
Le due squadre si chiamarono Warriors, in divisa nera, e Plozar, in rosso. “Plozar nel nostro dialetto vuol dire macigno, che raffigura un po’ quello che eravamo noi”, ricorda divertito Luconi. Non parlava di questa storia da anni: non ha nemmeno le foto dell’epoca. Ma il ricordo è indelebile. “Le prime partite furono un grande evento mondano”, ci racconta: “Oltre seicento persone sugli spalti”. Non c’era freddo che tenesse: “Abbiamo giocato anche a -20 gradi, e posso garantire che si sentiva eccome. L’esperimento andò avanti per un paio di anni”.
Warriors e Plozar, sempre grazie ai contatti di Arrivabene, erano andate a sfidare anche altre squadre della zona. Con il tempo, però, le società si erano sfilate per evitare pericolosi infortuni in vista del campionato di primavera, che si giocava su terra. “Botte ce ne davamo”, continua Luconi, “ma ci divertivamo molto”.
Foto dell’epoca ce ne sono pochissime. Solo qualche ritaglio di giornale in cui spicca il nome di Carlo Casaro. “Giocavo come running back dei Plozar, Maurizio era il mio antagonista nei Warriors”, ci racconta. È stato maestro di sci per anni a Madonna di Campiglio, prima di diventare albergatore nel veronese. “Ho ancora le cicatrici di quelle partite”, ride. È coetaneo di Arrivabene, lo ha sempre ammirato “per la capacità di guardare in avanti. In quegli anni, a Madonna di Campiglio c’era il fermento: raduni delle Ferrari, gare di sci. Era tutto organizzato da lui”. E il football americano?
“Era stato indetto un bando, che coinvolgeva tutti i ragazzi della zona. C’era chi, come me, faceva il maestro di sci, chi il fruttivendolo, chi il ristoratore. Avevamo partecipato in tanti e ci eravamo divisi in due squadre. Le riunioni tecniche erano al mercoledì: davanti a una pizza decidevamo chi e come avremmo giocato, stabilendo gli schemi”. Una cosa tra amici, sembrava. È diventato un evento. Il percorso di Arrivabene è cominciato anche da lì.
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