Ci sono dei casi in cui a vincere è la paura di non farcela, la delusione per le porte in faccia prese. Così tanta da pensare di dire “basta io smetto”. Era il 2019 e Arthur Cabral voleva mollare tutto. Oggi – tre anni dopo – segna a raffica e porta punti pesanti giocandosi anche una finale di Coppa Italia. L’ultimo guizzo al Franchi contro l’Atalanta di Gasperini.Italiano ringrazia, ma il viaggio di Arthur parte da molto lontano.
Il primo flash è un calcio alla depressione. Con i gol a spazzare via ogni dubbio di non arrivare. Questione di fiducia. A Basilea è rinato, dopo anni difficili in Brasile tra Cearà e Palmeiras. “Si vedeva che aveva le qualità per arrivare, bastava solo crederci”. Parole del suo primo allenatore. In Svizzera si è ritrovato ed è diventato Roi Arthur, ovvero Re Artù. Diciotto gol al primo anno, 20 al secondo e 23 al terzo. Ora la Fiorentina. Sedici milioni spesi dai viola per strapparlo ai rossoblù e alla concorrenza. Già, perché sono in tanti a mettere gli occhi su di lui. Zenit, Newcastle e anche l’Atalanta. L’ha spuntata la Fiorentina e oggi Italiano se lo gode.
Tutto parte del Sao Cristovao, squadra della periferia di Rio de Janeiro dove è cresciuto Ronaldo il fenomeno. Qui giocava suo padre Helio e Arthur ha passato la sua infanzia guardandolo. Oggi allena in Serie D brasiliana e ha suo figlio come primo tifoso, fuso orario permettendo. “Le guardo tutte, cerco di non perdermene neanche una”. Legame indissolubile. Ha chiamato Helio anche suo figlio, nato lo scorso agosto.
Di lui tutti dicono che è un ragazzo umile, serio e un gran lavoratore. Il tutto senza essere leader o parlare troppo. A Firenze è arrivato per fare la differenza, facendo quello che gli è sempre riuscito meglio. Segnare. Oggi a Napoli è arrivato il secondo squillo in sei presenze. Per la prima volta decisivo. Ha preso la nove, segno del fatto che ha voglia di spaccare il mondo e che non sente la pressione. Oltre la paura. D’altronde l’ha sempre superata. Anche quando una vocina nella testa consigliava di mollare.
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