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Perché l’Atletico vince e non (si) stanca mai: da Simeone a Berta, i segreti del successo

Si sa, nel calcio come nella vita, la quotidianità logora. Alla lunga stanca, demotiva, rischia di farti scivolare via grinta e stimoli. Non è un caso che generalmente un allenatore resista sulla stessa panchina quattro, cinque, sei anni. Non di più. Poi cambia. Se vi diciamo che Diego Pablo Simeone è alla guida dell’Atletico Madrid dal gennaio 2012 e oggi ha la stessa fame di allora sembriamo pazzi e invece è semplicemente storia.

Una storia che si rinnova, che si ripete, perché l’Atletico continua a vincere, anche oggi. Come allora. Come quel giorno al Camp Nou nel 2014 dove ha alzato la sua prima Liga «cholista» grazie a un colpo di testa di Godin. E’ chiaramente merito dell’argentino, certo, ma non solo. Diego Pablo va in panchina, sceglie la formazione, ci mette la faccia e parla in conferenza. Ma c’è anche chi lavora al suo fianco, giorno dopo giorno, dal 2013. E ha le stesse responsabilità dell’allenatore. 

 


 Un nome su tutti, un nome più degli altri: il direttore sportivo italiano Andrea Berta. Viene da Orzinuovi, faceva il bancario, una delle sue qualità è la discrezione. Parla poco, lavora tanto, concreto, pensa al risultato. E attenzione, ribadiamo un concetto fondamentale: come detto la quotidianità alla lunga stanca, demotiva, rischia di farti scivolare via grinta e stimoli.

E se Diego Pablo Simeone è sulla stessa panchina dal gennaio 2012 e continua a vincere, anche oggi, allora ci sarà un motivo. Significa che sono cambiati gli interpreti della rosa. Già. In questi casi è necessario rivoluzionare la squadra per mantenere alto, altissimo, il livello di concentrazione e competizione, ecco perché chi «costruisce» le fondamenta dell’equipo e tratta i calciatori sul mercato – ovviamente in collaborazione con tutto lo staff – ha un’importanza fondamentale. Decisiva. 

 


 

L’Atletico di oggi, che ha vinto la Liga davanti al Real Madrid di Zidane e il Barcellona di Messi, è una squadra diversa rispetto a quella di due anni fa. Tra gli altri, non ci sono più Rodri, Kalinic, Godin, Morata, Diego Costa, Thomas, Lucas, Filipe, Juanfran, Arias e Griezmann. Confermati in pochi, i pilastri Oblak-Savic-Koke-Saul-Correa. Per il resto, via. Rivoluzione.

Una rivoluzione pensata, ragionata, un lavoro meticoloso e faticoso, studiato precisamente nel dettaglio da parte del ds italiano che ha saputo piazzare i tasselli giusti nel posto giusto, con la ciliegina Luis Suarez, un capolavoro di mercato preso «in bonus» dal Barcellona. Prezzo totale, sui 5 milioni. E il prestito annuale di Morata alla Juventus è costato intorno ai 10. Differenze. 

La politica del club è da grande club: si comprano solo i giocatori funzionali migliori che ci siano in circolazione, non si svende, chi vuole un calciatore dell’Atletico deve pagare la valutazione per intero e senza sconti, vedi la trattativa infinita di due estati fa con il Milan per Correa. «Per meno di 40 milioni non parte». Tac. Avete visto il gol dell’argentino di ieri al Valladolid? Forse 40 son pochi, che ne pensate?

 


 

Se necessario, in altre circostanze in cui l’Atletico non tratta, serve sborsare l’intera clausola. Un must per i rojiblancos. Vedi Lucas al Bayern Monaco, vedi Griezmann al Barcellona, vedi Rodri al City o Thomas all’Arsenal. Il top che ha la clausola parte solo per la clausola. Andrea Berta nel 2019 ha vinto ai Globe Soccer Awards il premio di miglior ds dell’anno anche grazie al super-colpo fatto con Joao Felix, il talento più puro e cristallino che ci sia in Europa. Ma della squadra che quest’anno ha vinto il campionato ci sarebbero da menzionare altri acquisti realizzati di «fioretto» come Oblak, strappato al Benfica nel 2014 per 15 milioni quando non era nessuno, Marcos Llorente pagato 30+8 dal Real Madrid nel luglio 2019 e Carrasco, ripreso dal Dalian, in Cina. Dal dimenticatoio al tetto di Spagna. Da scommesse a campioni di Liga. Per un progetto che innamora e non stanca mai. 

Redazione

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