“Vieni ‘Bolzo’ tocca a te”. È il 2 ottobre del 2007, l’Inter ospita il Psv in casa. Mancini poco dopo l’ora di gioco manda in campo un ragazzino di 18 anni, Francesco Bolzoni. “Non mi aspettavo di entrare. Ogni tanto ci ripenso e ancora non mi sembra vero”. Esordio e prima fotografia da portare nel cuore.
Bolzoni riavvolge il nastro e ricorda, senza nascondere il rimpianto per come è andata. “Il mio errore è stato quello di restare all’Inter dopo la stagione dell’esordio. Ho sprecato un anno non giocando mai. Mourinho mi chiese di restare dicendo che mi avrebbe dato fiducia, ma le cose sono poi andate diversamente. Ho fatto solo una presenza e a giugno ho chiesto di essere ceduto”. Poi si ferma e ricorda il portoghese con un sorriso. “È un fenomeno nella comunicazione e nella gestione dello spogliatoio. Trattava tutti allo stesso modo, da Ibrahimovic ai magazzinieri. Non è il Mou che si vede in televisione, tutt’altro. Era bravissimo a gestire allo stesso tempo il singolo e il gruppo, saremmo andati in guerra per lui. Anche perché questo decisi di rimanere, peccato per come sono andate le cose”
Oggi Francesco gioca nel Rapperswil-Jona, in Svizzera e vorrebbe iniziare a studiare da allenatore. “È un percorso che mi piacerebbe intraprendere, ho voglia di imparare e di mettermi alla prova. Ho avuto tanti grandi maestri, cercherò di prendere qualcosa da ognuno di loro”. Due su tutti, Conte e Gattuso. “Antonio è unico. Un martello, non ti molla un minuto e studia ogni particolare. Da noi a Siena ci faceva preparare anche sulle rimesse laterali avversarie, curava tutti i dettagli. Poi ti spinge a dare il massimo. Io ero il suo pupillo, mi ha fatto sentire sempre importante. Gli devo tanto. Rino invece è diverso, è uno che vuole far giocare bene la squadra ma che allo stesso tempo ti sta molto dietro dal punto di vista psicologico. Fu lui a chiamarmi per dirmi di andare a Palermo”. Insegnamenti. Il Bolzoni allenatore ripartirà da lì.
Proprio in rosanero dal 2014 al 2016, prima con Gattuso poi Iachini, Bolzoni ha trovato la sua isola felice. “Una città fantastica. La cavalcata per tornare in A e la festa promozione sono due dei momenti più belli della mia vita”. Stagioni rese magiche anche dalla coppia formata da Dybala e Vazquez, che faceva innamorare il Barbera. “Vederli in allenamento era uno spettacolo. In carriera ho giocato con tantissimi campioni, ma nessuno mi ha mai impressionato come Paulo. Quando arrivava in spogliatoio era timidissimo, poi entrava in campo e apriti cielo. Numeri e giocate mai viste. Poi con Vazquez si intendevano a occhi chiusi”. Questione di feeling. “Quando avanzavano palla al piede sembrava fossero in 4 o 5. In Serie B erano devastanti, in A si sono superati. Non li prendevano mai. Anche in allenamento ogni tanto capitava che puntavano la difesa schierata e ti assicuro che, in un modo o nell’altro, passavano sempre”.
Bolzoni sorride, chiude l’album dei ricordi e si proietta al futuro. “Spero di fare presto l’allenatore, anche se qui in Svizzera ancora mi diverto a giocare. In futuro mi vedo in panchina, ma so che la strada è lunga”. D’altronde con dei maestri cosi, i primi chilometri del percorso potrebbero essere più facili del previsto.
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