Vento dell’est veniva chiamato a Milano. Sia nel 1999 quando arrivò per la prima volta al Milan, sia la seconda, quando ci tornò, nel 2008. E ora soffierà sotto altre vesti, quelle da allenatore. Perché Andry Shevchenko è l’allenatore del Genoa da quasi un mese.
https://twitter.com/jksheva7/status/1457324735113617413?ref_src=twsrc%5Etfw
L’annuncio del club rossblù è arrivato con un tweet di una bandiera ucraina. Un indizio alquanto evidente. La tradizione degli annunci preceduti da questi post-indovinelli che va avanti dall’ufficialità di Allegri comunicata dalla Juventus con una foto della cartina del… Minnesota
Ma facciamo un passo indietro. Il Milan si è innamorato di Sheva dopo la tripletta al Camp Nou contro il Barcellona in Champions League. Era il 1997 quandò un ventunenne ucraino si annunciava al mondo dei grandi del Pallone. Due anni dopo arrivò in rossonero, vincendo al primo tentativo la classifica cannonieri.
L’ucraino raccontò il primo approccio con i rossoneri: “Sono arrivato al Milan grazie a un’intuizione di Braida. Aveva visto delle cose speciali in me. Quando venne a casa mia a Kiev per convincermi a firmare mi portò una maglia del Milan con sopra scritto il mio nome. Mi disse che con quella maglia avrei vinto il Pallone d’oro. Mi venne da ridere, ma alla fine ha avuto ragione lui”.
Braida che si batté per avere Shevchenko perché quando andò in Ucraina a vederlo con Adriano Galliani, l’attaccante non toccò praticamente palla e l’allora amministratore delegato del Milan chiese se fosse proprio sicuro. Braida non esitò e ribadì il sì. Un’operazione da 40 miliardi delle vecchie lire, che si sarebbe potuta concretizzare con un anno di anticipo. Ma dopo le visite preliminari nel dicembre 1998, il patron della Dinamo Kiev volle che l’attaccante terminasse la stagione in Ucraina.
Dopo 292 presenze, 173 gol, uno scudetto e una Champions decisa, nell’estate del 2006 Sheva cedette alla corte del Chelsea di Roman Abramovich e di José Mourinho. La voglia di un cambiamento e la ‘famosa’ necessità di una buona scuola inglese per i figli, voluta dalla moglie, spinsero l’attaccante a cambiare aria. Una scelta non felice tanto che, dopo appena due anni l’attaccante tornò in rossonero. Ma senza ritrovare lo smalto e la letalità di un tempo. Ora nella sua amata Italia, potrà sperimentare la prima panchina su un club della sua vita.
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