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Colonnese, da Potenza a Ronaldo, senza compromessi: “Simoni era un padre per me”

Sono nato a Potenza, sono un uomo del sud, dal carattere focosolo ha ripetuto spesso Francesco “CiccioColonnese durante la nostra intervista in esclusiva, la mia personalità mi ha fatto arrivare in Serie A, ma mi ha anche causato alcuni problemi. A volte ho vissuto troppo di pancia”.

I valori, tanto osannati e citati al giorno d’oggi, Ciccio li ha rappresentati veramente, sul campo e non. Ciò che traspare dalle sue parole, è l’orgoglio di non essere mai sceso a compromessi, con niente e con nessuno.

Potenza, Giarre…Wembley

E non è una banalità da dire, ma basta ripercorrere la sua carriera. Fin da quando la Cremonese lo ha acquistato per una somma vicino a i 2 miliardi di lire (“cifra importantissima per l’epoca, specie per la categoria”) dal Giarre, Serie C1. In grigiorosso, sotto la guida di Gigi Simoni, che ritornerà spesso nella sua carriera e nella sua vita, vince una Coppa Anglo-Italiana a Wembley e inizia a farsi notare ai massimi livelli.  


Mi voleva la Fiorentina”, spiega oggi Colonnese, “specie il presidente Cecchi Gori, che insisteva affinché io vestissi la maglia viola. Il mio contratto era in scadenza a Cremona e mi offrirono una cifra importante per trasferirmi: un triennale da 500 milioni di lire più bonus. Ma tentennai, non volevo lasciare la squadra che mi aveva dato fiducia in quel modo, cercai allora di rinnovare e presi tempo. Alla fine andai alla Roma e giocai anche molto meno di quanto avrei fatto in viola, ma non rimpiango quanto fatto, perché la riconoscenza verso il club che mi ha dato fiducia era tutto”.

“Gigi Simoni non si può dimenticare, è stato come un padre”

Proprio a Cremona, il primo incontro con il “padre” calcistico e non solo, Gigi Simoni: “Appena arrivato, capii immediatamente che era una persona speciale. Mi prese da parte e mi disse: «Tu rappresenti il sogno di tanti ragazzi che arrivano dal Sud, devi ricordartelo ogni giorno e dare il massimo anche per loro». Una frase che mi sono ripetuto tante volte per motivarmi durante la mia carriera. Il mister lo ritrovai poi a Napoli, all’Inter e anche a Siena. 

Mi ha accompagnato per tutta la carriera, aveva dei valori importanti. Il rapporto è andato oltre il calcio. Prima di lasciarci, la sua famiglia mi ha invitato a Pisa per salutarlo un’ultima volta. Potemmo visitarlo solo io e il presidente Massimo Moratti, non potrò mai dimenticarlo”. 

All’Inter l’apice del suo percorso calcistico, con la Coppa Uefa vinta proprio con Simoni in panchina nel 1998. Poi, nonostante le offerte estere, l’approdo alla Lazio nel 2000: “Il Middlesbrough provò a portarmi in Inghilterra, ma erano altri tempi. I giocatori si trasferivano molto meno all’estero. Anche se è un’esperienza che avrei voluto fare”. Poco male, perché poi arrivano i biancocelesti: “Una squadra impressionante. Forte in ogni reparto e con giocatori che non si facevano mai male, era difficile giocare. Nonostante questo, nelle prime due stagioni, riuscii a ritagliami il mio spazio. Poi, le imposizioni contrattuali della società complicarono tutto”.  


Colonnese, i valori prima di tutto

Già, perché in quegli anni alla Lazio entrò in atto il cosiddetto “Piano Baraldi”. I giocatori, per restare nel club, dovevano accettare di ridursi lo stipendio acquistando delle azioni societarie, per aiutare la proprietà nel momento di difficoltà. Ciccio dice “no”: “Non mi infastidì il contenuto del piano, ma l’imposizione e i modi che ebbe la società. Anche di fronte all’ultimatum di accettare o restare fuori rosa, non tremai. Volevo andare fino in fondo con la questione. Mia moglie mi disse «Tu sei pazzo!», ma io sono una testa dura, avrebbero dovuto passare sopra di me prima di farmi accettare una cosa del genere”.

Così Colonnese resta fuori rosa, si allena solo il venerdì con la squadra e riceve tante critiche dai tifosi: “Stam fece la stessa cosa. Non solo lo fecero giocare, ma nessuno disse nulla. Purtroppo io pagai personalmente la mia scelta, ma non la cambierei. Non giocare per due stagioni a più di trent’anni fu pesante. Anche se a Siena mi sono tolto diverse soddisfazioni, fra cui una salvezza in Serie A”.

Proprio a Siena si chiude il capitolo di campo del difensore, che non hai mai realmente intrapreso la strada per passare alla panchina, nonostante avesse il patentino per farlo: “Mi vedo più in un ruolo dirigenziale nel futuro. Nel frattempo guardo tanto calcio e resto un appassionato. Inoltre, trovo divertente usare i social, specie Instagram. È bello condividere i ricordi e le mie opinioni sui temi attuali”.

Ciccio potrebbe raccontare aneddoti per giorni: “Grazie per avermeli fatti condividere. Avevo sempre questa idea di scrivere un libro…” E noi saremmo tanti curiosi di leggerlo. Signore e signori, da Potenza e senza compromessi, Ciccio Colonnese.

Paolo Borella

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