Natale 1997. Gli Italiani hanno scartato i regali sotto l’albero e si sono radunati intorno ad un tavolo per gustare i piatti tipici della festività più attesa dell’anno. Il Boxing day è ancora un qualcosa di poco conosciuto da queste parti e così tra un panettone e un torrone ci si diverte giocando a tombola e andando al cinema.
Quell’anno, oltre all’immancabile cinepanettone con Boldi e De Sica alle prese con il secondo capitolo del film “A Spasso del tempo”, la scelta potrebbe ricadere sul capolavoro di Roberto Benigni “La Vita è Bella”, il cartoon disneyniano Hercules e mentre il giovane Pieraccioni, reduce dal boom de “Il Ciclone” tenta il bis con il suo “Fuochi d’Artificio”, irrompe anche Brad Pitt protagonista del film drammatico “Sette anni in Tibet”.
Il 27 dicembre però, debutta nelle sale “Tre Uomini e una gamba”, il primo film di un trio comico che si è fatto conoscere sul piccolo schermo nel programma cult “Mai Dire Gol”. Aldo, Giovanni & Giacomo, dei quali il grande pubblico ignora anche i cognomi.
Complice la scarsa distribuzione e la grande concorrenza il film parte lentamente ma il passaparola, altro che social e cellulari, porta sempre più spettatori in sala. E’ l’inizio di un grande successo.
La trama è un road movie che vede i tre protagonisti partire da Milano per raggiungere la Puglia, destinazione Gallipoli, dove si dovrebbe celebrare il matrimonio di Giacomo con la più giovane delle sorelle Cecconi, Giuliana, interpretata da Luciana Littizzetto. Aldo e Giovanni sono già sposati con le altre due figlie del ricco e rozzo Cavalier Cecconi, che ha il volto e soprattutto la voce di un gigantesco Carlo Croccolo.
L’uomo oltre ad essere il suocero è anche il loro dispotico datore di lavoro e commissiona ai tre di recapitargli una scultura in legno raffigurante un’anonima gamba, dal discutibile valore estetico ma che ha raggiunto un’altissima quotazione di mercato. Durante il viaggio ne succedono di tutti i colori, finché Giacomo a causa di un’intossicazione alimentare è costretto al ricovero in ospedale. Non avendo un pigiama nella valigia, Aldo decide di prestargli il suo. L’antefatto dà vita ad una delle gag più citate del film.
La telecamera inquadra di spalle un claudicante Giacomino mentre indossa la maglia dell’Inter con il numero 21 di Sforza, Giovanni incredulo si rivolge all’amico “Ma ti sembra il caso di dormire con la maglietta di Sforza?”, la risposta di Aldo è leggenda: “E quella di Ronaldo era finita”. Segue il gesto di Giovanni che mimando il ruggito del leone porta Aldo a sbattere violentemente la nuca contro lo stipite della porta. Il Ronaldo citato è “Il Fenomeno” Luis Nazario da Lima, acquistato a suon di miliardi da Massimo Moratti nell’estate del 1997.
Nella stessa sessione di mercato, Sforza viene ceduto al Kaiserslautern esattamente a distanza di dodici mesi dal suo sbarco all’aeroporto di Malpensa. Ciriaco, di origini avellinesi da parte di padre, è un centrocampista centrali con attitudini di regia, nato a Wohlen nel Canton Argovia situato nella Svizzera settentrionale. Nel 1996 veste la maglia del Bayern Monaco ed è uno dei calciatori più corteggiati dai club europei.
Faro della sua nazionale, si è laureato campione di Svizzera con il Grasshoppers nella stagione ’90-91 e due anni più tardi è stato votato come il miglior giocatore del suo Paese. In quell’estate del 1996 si toglie anche la soddisfazione di vincere una Coppa Uefa da protagonista con il club bavarese, successo arrivato nel doppio confronto in finale contro il Bordeaux di Zinedine Zidane.
Moratti ha già dato vita ad una grande campagna acquisti per cercare di rafforzare la sua Inter: sono arrivati il centrale difensivo Fabio Galante e il collega di reparto Angloma, il campione francese Djorkaeff, Winter alla Lazio, e Ivan Zamorano dal Real Madrid. Dopo aver chiesto e ottenuto la cessione del terzino sinistro Roberto Carlos, il tecnico inglese Roy Hodgson sollecita il presidente per un’ultima richiesta: Ciriaco Sforza che ha allenato dal ’92 al ’95 quando era Ct della nazionale biancorossa.
Secondo il mister britannico, il centrocampista del Bayern Monaco è il tassello che manca per fare il salto di qualità. La richiesta dei tedeschi è inizialmente di circa 17 miliardi di lire. Anche per un mecenate generoso come Moratti è una cifra esagerata e così l’affare sembra sfumare. Negli ultimi giorni di mercato però, il prezzo cala drasticamente e il cartellino del regista viene offerto per 5 miliardi. La dirigenza nerazzurra non se lo fa dire due volte e sottoscrive con il calciatore un contratto triennale.
Il doppio passaporto di Sforza consente al club interista di tesserarlo come comunitario e così il nuovo acquisto può subito debuttare allo Stadio Friuli di Udine nell’anticipo di sabato 7 settembre 1996.
Ciriaco parte con il botto: il suo tiro di sinistro in controbalzo è il gol decisivo che regala i primi tre punti della stagione. Con quella rete inoltre, lo svizzero firma anche il successo numero 1000 della storia dell’Inter. Sembra l’inizio di una grande avventura e invece quella prodezza rimarrà l’unico acuto dell’ex Bayern. Anche se bisogna segnalare una sua doppietta nella gara di andata degli ottavi di finale di Coppa Uefa vinta per 5-1 contro il Boavista.
Tuttavia il suo rendimento fu deludente complice la difficoltà di adattamento ai ritmi di quello che allora era il campionato più bello e difficile del mondo. L’unico a non arrendersi è Hodgson che continua ad affidargli una maglia da titolare anche dirottando il centrocampista centrale Paul Ince sulla fascia, dando vita ad incomprensioni e malumori che l’inglese esternava platealmente.
L’ultima apparizione del regista svizzero fu nella finale di Coppa Uefa persa ai rigori contro lo Schalke 04 che portò Hodgson alle dimissioni e alla promozione del vice allenatore Castellini alla guida della prima squadra per le ultime due gare di campionato che l’Inter terminò al terzo posto, ottenendo la qualificazione alla Coppa Uefa che avrebbe vinto la stagione successiva.
Al termine della stagione Sforza fece mestamente ritorno in Germania e della sua esperienza italiana se ne sarebbero ricordati in pochissimi se non ci avessero pensato Aldo, Giovanni e Giacomo che decisero di “omaggiarlo” in una delle gag del loro film migliore. Ma un calciatore può passare alla storia per una citazione cinematografica? Il trio comico risponderebbe forse alla sua maniera: “Così è la vita”.
A cura di Alessandro Cristofori
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