Tutta Italia si chiede come sia possibile che il Cittadella, una squadra della provincia di Padova, di appena 20 mila abitanti, che ha una spesa pari a 3.245.027.91 euro in stipendi, praticamente ogni anno riesca a competere con le big tipo Lecce e Monza e sia in corsa per andare in Serie A. E quest’anno ha raggiunto la finale playoff di B per la seconda volta nella sua storia dopo la stagione 2018/19. Com’è possibile? Come?
Poche parole, chiare e trasparenti, tanti fatti e nessuna pozione magica. I miracoli non li fa nessuno, nemmeno Stefano Marchetti, il Sir «Ferguson» dei granata, a Cittadella da più di 20 anni – non c’è nulla che non passi sotto il suo occhio attento – che 24 mesi fa è stato cercato con insistenza dal nuovo Parma. «Non può esistere un Cittadella senza Stefano Marchetti» gli ha fatto sapere la famiglia Gabrielli. E allora, il discorso è semplice: se non è la Serie A ad andare da lui, è lui a provare a raggiungerla… insieme ai Gabrielli e con tutti i mezzi che ha a disposizione.
Prima regola di base: l’uomo è più importante del calciatore. Il direttore sceglie i giocatori con testa, con fame, con voglia di mettersi in mostra. Se uno è un fenomeno ma pensa ai soldi oppure ai social non è in lista. Indipendentemente dall’età. Punto secondo: gioca chi si allena meglio, gioca chi pensa solo al campo, in sostanza gioca chi merita, e non ci sono compromessi che tengano.
E qui entra in scena l’allenatore, Roberto Venturato, ideale per questo tipo di progetto. Negli ultimi anni «l’australiano» Venturato (sì, è nato a Atherton) è sempre stato in grado di tirare fuori il meglio dalla rosa a disposizione. Gira e rigira, il risultato è sempre stato ottimo. I casi sono molteplici, anche in questa stagione, ma vi elenchiamo solo due esempi: Daniele Donnarumma dal Monopoli in C alla finale playoff contro il Venezia per andare in Serie A. Oppure Enrico Baldini, che fino a gennaio era in piena lotta salvezza col Fano e oggi rifila tre gol decisivi al Monza di Berlusconi.
Ma non divaghiamo e torniamo al punto… numero tre: il Cittadella non è una succursale, di nessuno. Di nessuna grande squadra. Inter, Juve o Milan. Decide comunque Marchetti: non è un caso che di prestiti secchi non ce ne siano. Nella squadra di oggi c’è tanta gioventù (Tavernelli e Tsadjout i due 1999 di spicco) ma un solo 2000, Tommaso Cassandro, di proprietà del Bologna, che nel corso delle partite è cresciuto, ha saputo imporsi nonostante il Covid e gli infortuni e ha dimostrato ampiamente di poterci stare anche in una realtà più grande. Probabile torni al Bologna perché Bigon non intende lasciarselo scappare.
Punto numero quattro, il più importante di tutti: il lavoro. Lavorare, lavorare, lavorare. Con serietà. Paga sempre. E qualche volta può valere una Serie A.
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