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I campioni di Colantuono. Cavani, Vieri e il sogno sfumato Abbiati: “Ma allenare Gheddafi è stato strano”

Ha allenato solo in piazze con tifoserie appassionate: Atalanta, Bari, Salernitana, Perugia, Catania e Palermo. Stefano Colantuono oggi è un allenatore reduce da un’esperienza come direttore tecnico nella squadra in cui ha chiuso la carriera da calciatore e iniziato quella da coach: la Sambenedettese: “Ho accettato questa proposta che mi sembrava molto interessante anche perché sarei andato a ricoprire un ruolo nuovo per me. Alla Samb non si può dire di no. Ho scelto però di stare un po’più defilato perché qui ci vivo e mi sembrava la cosa più giusta. Con l’allenatore Zironelli ho avuto un bellissimo rapporto e stavamo costruendo qualcosa. Io e il direttore sportivo siamo stati sollevati dall’incarico dopo tre mesi perché avevamo idee differenti sulle strategie da adottare. Ci sta nel calcio”.

 


 

L’allenatore romano ha avuto a che fare anche con presidenti tosti come Zamparini, Gaucci, Cairo: “Anche quando giocavo non mi sono fatto mancare niente. Ho lavorato con Anconetani e Rozzi ma quando sei un calciatore il rapporto è diverso. Erano proprietari ma anche tifosi quindi ti mettevano pressione molto di più rispetto a chi magari è meno presente. Forse proprio per questo ne parlo con nostalgia e ne conservo un dolce ricordo”.

 


 

Nella memoria di Colantuono c’è anche un bel momento vissuto da calciatore quando anche solo per un’estate ha potuto vestire la maglia della Roma: “Nel 1987 i giallorossi furono invitati a disputare una tournèe in America dove avrebbe affrontato le vincitrici dei campionati sudamericani. In realtà l’invito era rivolto al Napoli che aveva appena vinto lo scudetto ma gli azzurri preferirono rinunciare e così chiamarono la Roma che quell’anno alzò la Coppa Italia. Un altro club europeo presente erano gli scozzesi del Dundee United. I calciatori a disposizione erano pochi in quanto c’era anche il ritiro delle nazionali. Fu così che Viola chiese all’Avellino di poter portare a Los Angeles sia me che Dirceu. Per me fu un’emozione indescrivibile: vestire quella maglia per un romanista anche solo per quindici giorni in un torneo estivo non ha prezzo”.

L’avventura fu molto emozionante anche se restò solo un sogno di una notte di mezza estate: “Mi allenai a Roma con dei campioni assoluti e con Liedholm che era appena tornato nella capitale. Il Barone però non partì con noi per gli States dove invece era presente Sormani. Sapevo che non ci sarebbero state possibilità di essere ingaggiato perché l’Avellino non aveva intenzione di cedermi”.

 


 

La Roma è il suo grande amore ma la squadra a cui è professionalmente più legato rimane l’Atalanta: “Ci ho passato sette anni meravigliosi. Ho vinto due campionati di Serie B, mi sono salvato anche con la penalizzazione e poi c’eravamo guadagnati anche la possibilità di partecipare alla Coppa Uefa ma la proprietà decise di non disputare l’Intertoto”.

Tanti i talenti con cui ha avuto modo di lavorare: “Sono stato molto fortunato. A Bergamo feci esordire Osvaldo che era un ragazzino. Con i nerazzurri ho allenato anche Vieri e Yepes. Bobo è un ragazzo straordinario, generoso e disponibile. Mario invece è il giocatore migliore che ho avuto dal punto di vista della personalità. Un grande uomo, un leader. Uno di quelli che vorresti sempre avere nello spogliatoio”.

 


 

A proposito di grandi giocatori a Palermo si ritrovò tra le mani un giovane Cavani: “Era veramente un ragazzino. Arrivò con Guidolin dal mercato di riparazione, aveva delle qualità ma io e miei collaboratori ci accorgemmo che avrebbe dovuto migliorare dal punto di vista tecnico. Lui mi chiedeva di giocare come attaccante centrale ma io avevo già Miccoli e Amauri e fisicamente ancora non era strutturato per reggere botta. Non sono un pazzo però, uno come lui devi trovare il modo per metterlo in campo. E così provai a farlo partire esterno senza avere troppi compiti difensivi. Anche se ad Edinson questo ruolo non piaceva molto”.

 


 

Al Palermo è legato anche una curiosa storia di mercato: “Io sono stato quasi sempre accontentato per i giocatori che ho chiesto e quindi mi ritengo fortunato. Nel mio periodo rosanero però sono andato vicino ad allenare un grande giocatore. Rino Foschi aveva condotto una trattativa capolavoro con il Milan per prendere Christian Abbiati. Facemmo una cena con Galliani e Braida alla quale partecipai anch’io. Era tutto pronto ma poi, come a volte accade, la cosa non si concretizzò”.

 


 

Colantuono nella sua parentesi perugina ha avuto a disposizione un giocatore particolare: Saadi Gheddafi, figlio del dittatore libico: “Mi sono ritrovato in una situazione mai provata prima. Al campo o in ritiro c’erano guardie del corpo, sicurezza triplicata, servizio d’ordine. Era un calciatore ma anche un capo di stato. Spesso nel nostro centro sportivo venivano personalità che volevano parlare con lui di politica. Saadi avvertiva il nosto disagio e faceva di tutto per sdrammatizzare era un ragazzo molto generoso. Mi invitò anche a vedere una gara di qualificazione alla Coppa d’Africa che la sua nazionale doveva disputare in Egitto. Fui suo ospite e mi fece conoscere tutta la delegazione libica”.

E adesso che cosa c’è nel futuro di questo tecnico capace di raccogliere qualsiasi sfida?: “Mi sento ancora un allenatore ma se dovesse capitare un’offerta da direttore tecnico la valuterei. Dipende dal progetto. Se mi intriga ok, altrimenti mi godo il mare della mia San Benedetto”.

Alessandro Cristofori

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Alessandro Cristofori

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