Ci risiamo. A distanza da un anno (anzi, qualcosa di meno) dal famoso “Patto di Villa Bellini”, Antonio Conte e l’Inter sono di nuovo lontani. E questa volta in maniera definitiva rispetto alla scorsa estate, quando lo scudetto era un obiettivo e non la realtà e quando il covid aveva lasciato poco tempo per pianificare la stagione successiva. È tutto diverso ora, anche se la storia per l’allenatore è di fatto sempre uguale.
Estate 2014: Juventus, terzo scudetto consecutivo. La rinascita e la conferma erano arrivate, ma con la dirigenza il rapporto sembrava sempre più incrinato. Mancavano gli obiettivi comuni, c’era anche voglia di tentare nuove esperienze. L’allenatore aveva rifiutato il rinnovo, ma era stato pubblicamente confermato dalla società con un messaggio tanto asciutto, quando pratico.
Poi? Nuovi scontri, i giocatori richiesti non sarebbero arrivati e la Nazionale aveva sondato il terreno per farlo diventare nuovo ct in vista degli Europei: meglio separarsi qui.
E dopo l’azzurro, era arrivato il blue. 2016/2017. Lo avevano fortemente voluto gli Abramovich, e la tentazione della Premier per lui era diventata altissima. Così alta, da essere partito subito in quarta: al primo anno, dopo un decimo posto della stagione precedente, Conte aveva alzato il titolo di campione d’Inghilterra. Non male, eh?
Poi, però, ci risiamo: “Voglio dei rinforzi di un certo tipo”, aveva detto l’allenatore, che aveva lasciato partire con qualche polemica Matic e Diego Costa. Qualche attrito, ma ripartenza comunque insieme: un anno difficile, con la squadra che non arriva in Champions ma vince l’FA Cup.
Troppo poco per gli Abramovich, che virano su Sarri ed esonerano Conte. Che anche all’Inter si è sempre messo in discussione: un secondo posto e una separazione vicina, uno scudetto e di nuovo aria di addio. Andrà come andrà. La storia si ripete. O quasi.
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