Il passato e il presente che si incontrano. Uno il protagonista. Uno come il suo numero sulla maglia. David De Gea il suo nome. Tornerà nella città in cui è cresciuto e che ha rappresentato la sua prima casa. Nel frattempo è cambiato lui. È cambiata Madrid. Non ritroverà più il suo “Vicente Calderon”, sostituito dal “Wanda Metropolitano”, palcoscenico di questa notte di Champions. Ad affrontarsi le uniche due squadre in cui il portiere spagnolo ha giocato. Da una parte, l’Atletico Madrid. Dall’altra, il Manchester United la cui porta difende ormai da anni. Una storia di fedeltà di un enfant prodige che catturò le attenzioni di Sir Alex Ferguson.
Madrid, sponda colchoneros, rappresenta l’inizio. Un prodotto del vivaio. Dal settore giovanile al Vicente Calderon. Nel 2007 la squadra B. Nel 2009 l’esordio con la prima squadra. “A quei tempi ero il terzo portiere [dietro Sergio Asenjo e Roberto]. Ho sempre creduto in me, mi allenavo molto e cercavo solo di dire: “Io ci sono, sarò giovane ma sono bravo“. Ho cercato di fare del mio meglio, poi c’è stato l’infortunio di Roberto e ho avuto la possibilità di giocare”, ha dichiarato in una intervista alla UEFA. Poi con l’arrivo di Sanchez Flores si prende il posto da titolare: “Ho giocato quasi sempre. Siamo arrivati alla finale di UEFA Europa League e l’abbiamo vinta”. Una Coppa del Re persa in finale e il successo in Supercoppa Europea contro l’Inter, con un rigore parato a Milito.
19 anni, una maglia da titolare e una sicurezza da veterano. Un talento in grado da far scomodare Sir Alex Ferguson in persona. Soltanto tre le volte in cui il manager scozzese in 27 anni di Manchester United saltò una partita della sua squadra. Il matrimonio della figlia, il funerale della cognata e per vedere dal vivo un ragazzo. Quel ragazzo era David De Gea. A rivelarlo fu al Mundo Deportivo Eric Steele, ex preparatore dei portieri: “Mostrai un DVD di 3 minuti a Ferguson, ma non era convinto. Lo obbligai ad andarlo a visionare la sera in cui eravamo di scena in League Cup contro lo Scunthorpe”. E bastò una partita: “Si convinse che De Gea fosse l’acquisto giusto al minuto 65. Dopo un buon match fece una parata mostruosa. Non ci pensò due volte e mi disse che l’avremmo acquistato”. 17 milioni di sterline all’Atletico Madrid e nel giugno 2011 lo spagnolo inizia la sua avventura inglese.
Poi da Manchester De Gea non se ne è più andato: “Ora mi sento come se fossi di Manchester. Casa tua è dove ti senti ben voluto e accolto. Sono qui da molti anni; ovviamente, tutto può succedere nella vita e nel calcio, ma sinceramente non mi vedo lontano dal Manchester United”. Più di dieci anni in cui il portiere è diventato il giocatore non britannico con più presenze nella storia dei Red Devils. Stagioni difficili alternate ad altre fatte di grandi prestazioni. Il numero uno, però, è rimasto sempre lui. Parate a ritmo di heavy metal, la sua passione: “Tutto è iniziato da bambino. Passavo l’estate ad Alicante con i miei genitori. C’erano altri ragazzi un po’ più grandi di me e ascoltavano questa musica. Amo l’heavy metal e il rock, mi motivano molto. Adoro Slipknot, Avenged Sevenfold, System of a Down, Bullet For My Valentine, ma mi piace un po’ di tutto: anche [Frank] Sinatra, per esempio, o la musica spagnola”. Stasera la musica sarà quella della Champions League. Tra i ricordi e un campo di calcio: il calcio di David De Gea.
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