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Un prete direttore sportivo? Possibile, grazie all’Entella. La storia di Don Buffoli

In Liguria, c’è un parroco che fa il direttore sportivo. Sì, avete capito bene. Ma non c’è niente di strano, come ci spiega il diretto interessato, Don Andrea Buffoli: “Calcio e Chiesa sono due mondi che devono incontrarsi. Noi dobbiamo essere presenti nei luoghi dove le persone esprimono la loro vitalità e il calcio è uno di questi”.

Partito da semplice appassionato di calcio e da tifoso del Milan, Don Buffoli sostiene anche la Virtus Entella. Dalla sua presenza sugli spalti, arriva una richiesta direttamente dal presidente Gozzi: “Perché non viene a trovarci ogni tanto?

È nata così la sua figura all’interno della squadra, in Serie C: “Da quel momento ho iniziato a incontrare i calciatori e a stringere rapporti all’interno della squadra. Non sono andato a fare prediche, ma semplicemente ad essere presente per loro. Tante relazioni si sono prolungate nel tempo: ho sposato alcuni degli ex calciatori dell’Entella, così come ho sostenuto e aiutato diversi ragazzi nei momenti del dolore o del lutto”.  


Don Buffoli, cappellano dell’Entella e direttore sportivo al Marina Giulia

Grazie al successo del suo lavoro, Don Buffoli è diventato cappellano della squadra 6 anni fa. Oltre a questo, segue tanti ragazzi delle giovanili con delle attività di tutoraggio: “Cerchiamo di aiutarli nella vita di tutti i giorni, dalla scuola ai momenti più faticosi. Anche per quanto riguarda le delusioni che arrivano dal calcio. Si crea un clima di confronto e di condivisione, di momenti vissuti insieme”.

Ma Buffoli non si ferma, anzi raddoppia. Non limitandosi al ruolo nella Virtus Entella, ma diventando direttore sportivo del Marina Giulia, squadra di terza categoria: “Alcuni ragazzi che giocavano nell’Entella hanno creato questa squadra e mi hanno chiesto di andare a vederli. Poi è partita l’idea «Don, perché non ci fa direttore sportivo?» E da lì è nato tutto. Certo, in quelle categorie è un ruolo marginale, ma l’obiettivo principale è far vivere una buona esperienza ai ragazzi che vengono a giocare. Magari stanchi dopo il lavoro o lo studio”.

 

 

Le relazioni per aiutare i calciatori

L’obiettivo è chiaro, trovare un punto di incontro fra i suoi due ruoli, quello ecclesiastico e quello calcistico, cercando di aiutare, per quanto possibile, le persone nella loro vita: “Il calcio è fatto di rapporti, anche nelle categorie più alte dove girano tanti soldi. Senza le relazioni, piano piano si muore. Io sono presente come prete e non come tifoso e quindi cerco di aiutare a vivere l’esperienza del calcio nel modo migliore possibile”.

 


“Ora l’Entella è casa mia”

Anche se non sempre è facile: “Entrare in uno spogliatoio di Serie B o di Serie C può rischiare di essere imbarazzante per un prete, c’è il timore di incontrare solo persone lontane. Però mi sono sempre detto: «Mi faccio conoscere per quello che sono. Se alla lunga, il mio ruolo risulterà positivo, continuerò. Dove non sarò accolto, mi farò da parte» e finora è sempre andata bene. Anche con le persone di altre religioni o più distanti, sono riuscito ad avere un contatto e un rapporto, senza forzarlo. In tutte le persone c’è un bisogno di relazione e anche nel calcio viene fuori”.  

Le infinite strade del calcio hanno portato una maglia numero 9 dell’Entella nelle mani di Papa Francesco, con Don Buffoli come “intermediario”. “Siamo vicini per come siamo capaci”, queste le parole del Santo Padre prese come orientamento dal cappellano dell’Entella. Un obiettivo e una missione, apprezzata tuttora dal presidente biancoceleste Gozzi: “Loro mi hanno detto: «Qui è casa tua, vieni quando vuoi». Anche nelle partite a porte chiuse, potevo essere presente e non è da tutti. Domani raggiungerò la squadra in ritiro e mi sento parte del gruppo, questa è la cosa bella”.

Paolo Borella

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