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In medio stat virtus: Unai Emery

Troppo piccolo per un grande club, troppo grande per uno piccolo. La perfezione nel mezzo. Si potrebbe riassumere volgarmente così la carriera di Unai Emery. Un allenatore che è riuscito a portare in paradiso se stesso e le sue squadre in Europa League e che non è riuscito a sopportare la pressione quando si è fatta dannatamente pesante.

Siviglia, Siviglia e ancora Siviglia. Il nome della squadra scritta sul trofeo dell’Europa League tra il 2014 e il 2016. Villarreal nel 2021. Minimo comune denominatore: Unai Emery. L’allenatore basco è diventato il tecnico che ha sollevato più volte la seconda coppa europea – battendo Giovanni Trapattoni fermo a tre – ed è riuscito a portare in finale la propria squadra cinque volte. Oltre alle spagnole, l’Arsenal nel 2019, poi battuto dal Chelsea di Maurizio Sarri. 


L’Inghilterra e il trucchetto per Guardiola

A Londra, Emery non è riuscito a raccogliere la pesante eredità del suo predecessore, raccogliendo i 22 anni di regno di Arsene Wenger. Obiettivi maggiori, traguardi più alti, forse troppo per lui. In medio stat virtus si potrebbe dire di lui utilizzando il latino. Più semplicemente una questione di abitudine e lavoro. 

Lavoro nel quale Emery è maniacale, raccontano gli addetti ai lavori di lui. Attento ai dettagli, dei propri giocatori ma anche delle altre squadre. Nell’agosto del 2018, provò a fermare il Manchester City di Guardiola con un “trucchetto”. In un’estate molto calda – non il clima che viene in mente quando si pensa a Londra – il terreno di gioco dell’Emirates divenne arido e Unai fermò letteralmente i suoi giardinieri quando vollero innaffiarlo prima del match. “Fermi tutti“, l’ordine. L’intenzione era quella di rallentare il palleggio dei Citizens che sarebbe stata più scorrevole su un terreno bagnato. Tentativo fallito: Sterling e Bernardo Silva regalarono il successo a Guardiola con un gol per tempo.

Prima di Londra, un’altra capitale: Parigi. Dopo le tre Europa League personali l’intento degli sceicchi era chiaro. Fare il salto definitivo insieme, vincendo la Champions. Non solo non Emery non riuscì, ma si fece beffare anche in patria dal Monaco di un esordiente Kylian Mbappé, che portò la Ligue 1 nel principato. Impossibile l’anno dopo non vincere il campionato con gli arrivi milionari di Neymar e proprio dello stesso Mbappé. In Champions la corsa si fermò subito agli ottavi contro il Real Madrid – incubi che ritornano – che poi vincerà la coppa. 


L’amore per la Spagna

In generale, Emery è sempre stato profeta in patria. Fuori dalla Spagna ha claudicato, nel suo paese mai. E non lo ha voluto lasciare nemmeno l’autunno scorso quando il Newcastle lo tentò per un ritorno in Inghilterra: “Il Villarreal è la mia casa, resto qui“, rifiutò garbatamente l’allenatore. Cosa che però non ha fatto questa volta: addio al Submarino Amarillo e il sì all’Aston Villa.

Un altro no all’Inghilterra, nel 2019, pur di tornare a casa. Appena conclusa la sua avventura con i Gunners, si fece sotto l’Everton: “Abbiamo avuto un colloquio di tre ore, ma capii che era meglio stare a Madrid in una sorta di pausa di riflessione e andare a trovare i miei parenti a San Sebastian“. Attesa premiata perché arrivò il Villarreal che esaudì il suo desiderio di rientrare in Spagna e Emery ha subito ripagato il Submarino amarillo.

Niccolò Severini

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