“Siediti che ti racconto una storia”. E quella di Fabio Macellari è da ascoltare seduti e con le orecchie ben aperte. La sua voce è energica e vivace. “Scusa sono in pullman, sto andando a Cagliari, torno in Sardegna appena ho due giorni liberi dal lavoro”. Già, proprio quel lavoro nella sua impresa edile senza cui Macellari non riesce a stare. Ma con il calcio ha detto basta, almeno per il momento. “Non è più il mio mondo, anche se sono in contatto con tante persone che ne fanno ancora parte. Credo che i rapporti veri che costruisci restino forti qualsiasi strada tu prenda”. Prima lezione.
Fabio oggi vive ad Amatrice con suo figlio e lavora in un’impresa edile. Fa il muratore, ma gli piace imparare a fare tutto. “Non riesco a stare fermo, sono sempre stato così anche da giovane”. In passato ha anche lavorato in un panificio in Val Trebbia. Quando ha tempo torna a Cagliari, dove ha ancora casa, o tra le Valli Piacentine dove si occupa dei suoi boschi. Passione, come valore principale della vita. Lui che un tempo macinava chilometri sui campi di Serie A con le maglie di Inter e Cagliari, oggi ha scelto di dire stop e ripartire da zero. Sliding doors, cambiare vita.
La storia tra Macellari e l’Inter parte da lontano. Un flash: 11 novembre 1984, Stadio San Siro, Inter-Juve 4-0. Doppietta di Rummenigge e tutti a casa. Fabio aveva 10 anni e dalla curva sognava di giocare in quello stadio. “Ero solo un bambino e guardavo i giocatori come fossero dei supereroi. Da lì ho sempre avuto il desiderio di giocare lì un giorno”. Traguardo raggiunto. La prima volta? Proprio in un Inter-Juventus, sedici anni dopo. Scherzi del destino. A Milano però le cose non vanno per il verso giusto: “Lippi mi aveva voluto in squadra ma non riuscì a trovare molto spazio, complici anche diversi infortuni”. Oltre a una vita fuori dal campo troppo spesso sopra le righe. “Tutti gli errori che ho commesso li ho fatti da solo, pensando con la mia testa nel bene e nel male. Sei giovane e certe cose non le capisci”. Serate, tante notti brave e le droghe. Errori di gioventù, che possono condizionarti la carriera. Come è successo nel caso di Macellari, che però ora è felice e si è lasciato tutto alle spalle.
Nel riavvolgere il nastro Fabio non può non soffermarsi su Ronaldo, suo compagno in quella stagione all’Inter: “Erano i primi anni duemila e lui era nel pieno della forma. Un alieno, ti lasciava sempre senza parole. Ci sono giocatori molto bravi e altri che vengono proprio da un altro pianeta, lui apparteneva al secondo gruppo. Formato da lui e pochissimi altri nella storia. Ronnie era un grande anche in spogliatoio e… a tavola. Ogni tanto portava tutta la squadra a mangiare la Picanha. Mi piacerebbe rincontrarlo”.
Cagliari per Macellari non è stato solo calcio, anzi. Per lui è casa e famiglia. Li ha ancora casa e appena può torna. Dal punto di vista calcistico è senza ombra di dubbio il posto in cui ha dimostrato il suo valore: “Sono stati anni bellissimi, indimenticabili. Non solo dal punto di vista dei risultati ottenuti in campo, ma anche come spogliatoio. Eravamo un bellissimo gruppo, non sai quante risate ci facevamo!”. Ricordi indelebili, di un mondo che non gli appartiene più anche se “in futuro mai dire mai”.
Dai campi delle Valli piacentine a quelli da calcio il passo è breve, anche se in mezzo c’è tutta la sua storia. “Ora inizierò a seguire la difesa dell’Amatrice Calcio. Ho accettato con piacere e spero di poter insegnare qualcosa ai ragazzi più giovani. Sia sotto il profilo tecnico che dal punto di vista umano”. Esempio, anche memore degli errori da lui commessi in carriera. Lezione imparata. Da lui che nel suo nuovo lavoro e nei boschi ha ritrovato la stessa felicità con cui guardava San Siro a 10 anni. Questione di emozioni.
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