Manolo Gabbiadini decise il derby della Lanterna: gol e prestazione eccellente, si può chiedere di meglio? Essere leader vuol dire anche questo, farsi trovare subito pronto anche quando gli infortuni ti fermano spesso. Sono passati tre anni dal suo ritorno a Genova: un’operazione difficile, non senza ostacoli. Era servito un bluff per riuscirci.
A dicembre 2018, il ds del Southampton, Reed, era stato molto chiaro con il giocatore e il suo agente Pagliari: “Non rientra nel progetto tecnico, ma non vogliamo perdere i soldi investiti per acquistarlo dal Napoli”. Un colpo al cerchio e uno alla botte, serviva il giusto incastro. Pagliari si era messo subito a lavoro, trovando anche dei potenziali offerenti, ma i soldi sul piatto erano meno di quelli che i Saints avrebbero voluto incassare. Serviva un’idea, un guizzo per riportare Gabbiadini in Italia. Robe da non dormirci la notte, letteralmente.
In Inghilterra, l’agente era di stanza proprio a casa di Manolo. E l’occasione giusta si era presentata alla fine di una cena, prima di andare a dormire. Scorrendo la sua rubrica del telefono gli era comparso il nome di Antonio Romei, allora ad della Sampdoria. “Vi interesserebbe riportare Gabbiadini a Genova? Potrebbe chiudersi a circa 12 milioni di euro”. Era quella classica illuminazione prima di chiudere gli occhi e addormentarsi. Fece centro.
La risposta di Romei fu tanto eloquente quanto immediata: “Ne parlo con Osti e Sabatini”. E in piena notte, la trattativa si cominciò a costruire. La direzione sportiva aveva sempre gradito il giocatore: il primo, poi, aveva già lavorato con lui ai tempi dell’Atalanta e della prima esperienza in blucerchiato. Insomma, si poteva fare. Minuto dopo minuto (sonno ormai sparito), i messaggi con Romei diventavano sempre più frequenti, l’accordo era già praticamente trovato. Gabbiadini, la mattina dopo, era informato di tutto e la proposta che si sarebbe presentata al Southampton rientrava nei parametri, quindi non ci si sarebbe aspettato nessun problema. Tutto fatto? Per nulla.
Un imbarazzato Reed, informato della Sampdoria, fece dopo un paio di giorni un passo indietro: “La direzione finanziaria mi ha comunicato che vorrebbe ridiscutere il pagamento di alcune rate. Vorrebbe anticiparle di un mese”. “This deal ends here”, la trattativa finisce qui, aveva risposto allora uno sconcertato Pagliari, che aveva quindi deciso di volare subito verso l’Italia. “Ma come? Mi lasci qui?” aveva allora chiesto Gabbiadini al suo agente, preoccupato che saltasse tutto. Era una strategia, per far capire che non era il giocatore a voler andare via a tutti i costi, ma che di fatto erano gli inglesi a volerlo cedere. Bingo.
A Milano, Pagliari incontrò a pranzo Osti e Sabatini per fare il punto: “La vogliamo chiudere o no?”. Chiamata a Romei, che era con Ferrero a Roma: “Antonio, di’ al Presidente che se non riportiamo in questo momento in Italia Gabbiadini facciamo una figuraccia, è un’opportunità da non farsi sfuggire”.
In 10 minuti arrivò l’ok definitivo. Poco dopo il conto di quel pranzo, la Sampdoria si preparava a pagarne uno di circa 12 milioni al Southampton. Scambio di documenti e trattativa conclusa, con un annuncio particolare.
Era il 10 gennaio; l’11, Gabbiadini sostenne le visite mediche e si legò alla Sampdoria. Un ritorno a casa che aveva voluto a tutti i costi. A volte un bluff può fare davvero la differenza.
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