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Nicolò
Franceschin

Bastoni e l’eleganza del difensore moderno
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Lineamenti da ragazzo, esperienza da veterano. La storia che Alessandro Bastoni (si) sta scrivendo si inserisce in quei due binari. Una storia che, ormai, ha smesso di stupire. Sinistro educato, personalità, intelligenza. Letture difensive e capacità di impostare. Qualità tecniche e uscite palla al piede. Un trequartista prestato alla linea difensiva che sta reinventando il ruolo del difensore. Il difensore moderno. Due gli idoli. Uno è il numero 4. Sergio Ramos. Il secondo lo si trova dall’altra parte dell’Oceano. Anche lui dalle qualità pregiate. Nelle mani, però. Maglia numero 30. Stephen Curry. La qualità, appunto, il fil rouge. Dai nerazzurri… ai nerazzurri. Da Bergamo a Milano. Nel mezzo Wembley.

 

 L'Italia e l'arte della difesa

Alessandro Bastoni nel suo interpretare il calcio lega in modo coerente e armonico la tradizione e l’innovazione. Due variabili a tratti opposte, ma non inconciliabili. Dipende tutto dal come le si interpreta e le si mette in dialogo. Lo insegna Storia. Lo insegna la Cultura nelle sue varie forme. In questo caso ci limitiamo a un settore specifico della cultura. Calcistica. Un settore caro alla scuola italiana: la difesa e i suoi interpreti. Tanti i grandi difensori nati e cresciuti nel nostro Paese. Un leitmotiv che negli ultimi anni sembrava essersi assopito. Un torpore culturale che aveva interrotto quella storica e gloriosa tradizione. Fino, forse, a Bastoni. Profilo da predestinato. Personalità capace di inscriversi in quel solco in cui il sacro si unisce al mistico. E potrebbe farlo, portando un tocco di innovazione. Innovazione dovuta alla strada che il calcio ha intrapreso. Bastoni potrebbe reinterpretare il concetto difensivo in una chiave più moderna. La qualità nell’impostazione e la visione da trequartista i nuovi ingredienti. Pietra fondante, la capacità difensiva. La scuola italiana l’insegnante.

 

 Dai pomodori dei nonni ai campi della Serie A

Da piccolo mi divertivo a scoprire cose nuove, andavo nell’orto a raccogliere i pomodori ma in realtà facevo più casino che altro perché i nonni hanno terreni coltivati”, raccontò anni fa ai microfoni di gianlucadimarzio.com. Il calcio nel suo destino. Fin da piccolo, studiando l’album delle figurine: “Alla mia babysitter dicevo tutti i nomi dei giocatori, data di nascita e nazionalità a memoria”. E dall’orto passa ben presto ai campi da calcio. Quelli dell’Atalanta, per la precisione. Il papà che lo portava. Per 7 anni da Piadena a Zingonia. Poi l’esordio in Serie A. Poco dopo l’acquisto dell’Inter, la sua squadra del cuore. 31 i milioni messi sul piatto. Mica pochi per un esordiente. Poi il prestito a Parma, la maglia da titolare e l’inizio della sua storia.

 

 Tra l'Inter e la Nazionale. Storia di un predestinato

Bastoni arriva a Milano. Ha convinto Antonio Conte. Il ragazzo è pronto. Talmente pronto da mettere in panchina un certo Diego Godin. Prima una finale di Europa League persa. Poi, la stagione successiva, lo scudetto a tinte nerazzurre. Una macchina perfetta di cui il classe ’99 diventa un ingranaggio determinante. Fondamentale. Decisiva la sua capacità di uscire palla al piede. Essenziale il suo sinistro per impostare l’azione e le sue sortite offensive. Il rinnovo di contratto. La convocazione per l’Europeo. La magica notte di Wembley. L’arrivo di Inzaghi. Qualche partita per abituarsi. E poi via, in quella perpetua e incessante crescita. La voglia di non fermarsi. D’altronde la carta d’identità è chiara. 22, gli anni. Alessandro Bastoni, il nome. Predestinato, segno particolare.

 

 

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