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Marco
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La letterina allo zio, il Napoli senza rimpianti. Ciciretti: "Ma se mi prendono i cinque minuti..."
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I rapporti personali sono importanti per Amato Ciciretti. Anche nel calcio, il suo luogo di lavoro. "Io devo viverle le persone". E' stato così con tanti colleghi, con dirigenti, "Vigorito per me è stato molto più di un presidente", ma soprattutto con chi ha accanto. "Certo non sono un tipo facile eh, quando mi prendono i cinque minuti...". 

Un tempo breve per litigare e rovinare i rapporti, ma abbastanza per impressionare gli osservatori. E da bambino tanto ci mise per convincere Giancarlo De Sisti a portarlo alla Lazio. "Ero piccolo, ma tre gol sono tre gol", ammette sorridendo. Era a San Benedetto del Tronto con la squadra della parrocchia del quartiere romano di Casetta Mattei e da solo vinse quella partita. Lui, romano e romanista alla Lazio. "Lo so, ma era un'occasione incredibile. Non si poteva dire di no. Il giorno dopo De Sisti chiama a casa per comunicare l'interesse della Lazio. A papà non è mai interessato il calcio, quindi non disse nulla. Mamma ovviamente accettò". Per tre anni Ciciretti gioca con le giovanili della Lazio, poi grazie a Bruno Conti passa alla Roma, scrivendo pagine importanti con la maglia della Primavera.

 

 

Ma quella della Lazio è una decisione, che a distanza di anni, suo zio ancora non gli perdona: "Lui è tifoso della Roma fino al midollo, non si è mai perso una mia partita. Mai. Da quando sono piccolo ad oggi al Chievo Verona. Quei tre anni alla Lazio non ne vide una". Dopo l'esperienza biancoceleste gli fece scrivere una lettera di pentimento che lo zio ancora conserva nel portafoglio: "Mi ha obbligato. Se ci ripenso ancora rido. Dopo tre anni con la maglia della Lazio, per come vive lui la rivalità, dovevo ripulirmi prima di indossare la maglia giallorossa". 

Con Stramaccioni alla Roma sboccia, "gli devo davvero tanto. Mi cambiò ruolo, mi fece diventare il calciatore che sono ora". Con Alberto De Rossi arriva lo Scudetto Primavera e i tanti prestiti sotto il controllo dei giallorossi. Carrara, L'Aquila, Pistoia e Messina. Ma a Benevento esplode, doppio salto e Serie A: "Una squadra e una città che mi ha accolto e dove ho trovato una seconda casa".

 

 

Tre anni giocati a cento all'ora che attirano le attenzioni del Napoli. Con un contratto in scadenza, Ciciretti è un pezzo pregiato: "Quell'estate arrivarono tante offerte. Genoa, Sampdoria e Udinese, ma quando chiama il Napoli come fai dire di no?". Una cena con Giuntoli e il suo agente Vincenzo Pisacane, di nascosto da tutti sancisce l'accordo: "Mi hanno voluto fortemente e poi Vincenzo è di Napoli, voleva portarmi a tutti i costi lì. Mi fido ciecamente di lui, ma gli avevo fatto una sola richiesta, «avvisami se c'è un'offerta della Roma». Il richiamo di quella maglia, di quei colori va sopra a tutto per Amato. Ma da Trigoria non chiama nessuno. 

 

 

Ogni estate un ritiro, ma puntualmente a fine mercato arriva la cessione in prestito e l'esordio con il Napoli non arriva mai: "Non ho rimpianti e nemmeno colpevoli. Sono sempre stati pieni di campioni, lì davanti c'è sempre stata una concorrenza pazzesca. Ero sempre l'ultima scelta, per quello ho preso direzioni diverse". Come non comprenderlo. Parma, Ascoli, Empoli e oggi Chievo, con un contratto con il Napoli in scadenza: "Sto benissimo a Verona. Ho tutta la mia famiglia qui, ho la fiducia del club e soprattutto il gioco del mister esalta le mie caratteristiche". Il futuro si vedrà, l'oggi racconta un gol al Pordenone da ricordare.

 

 

  

C'era da festeggiare per aver ritrovato un fratello. Questa estate erano ritornati quei cinque minuti: "Stavo per rovinare uno dei rapporti più importanti della mia vita". Quello con l'agente Vincenzo Pisacane. Il suo testimone di nozze, il padrino dei suoi figli, non soltanto la persona che cura i suoi interessi professionali. Un litigio che aveva portato alla separazione, con Ciciretti che si affida all'agenzia di Francesco Totti. "Mi era preso quel momento lì. Poi quando Vincenzo è venuto a Verona qualche giorno fa ci siamo ritrovati e abbracciati". Pace fatta e ritorno nella scuderia. Con scuse annesse: "Dovute, avevamo litigato per colpa mia".

Un addio con Francesco Totti, il "suo" capitano che è stato sereno: "Ha capito i motivi e lo ringrazio per avermi liberato. Non era un cruccio, non c'erano discorsi economici. Avevo solo bisogno di ritrovare accanto a me una persona troppo importante". Ci hanno messo poco per tornare insieme: "I soliti cinque minuti, ma questa volta con il sorriso sulle labbra". 

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