La prima immagine è un cross dalla destra in un campetto in zona Ponticelli, periferia di Napoli. La palla, tagliata e tesa, è simile a quella servita a Kyriakopoulos sabato scorso in casa dell’Atalanta. Il gesto è lo stesso, il piede pure, cambia solo lo scenario intorno. C’era infatti un tempo in cui Luca D’Andrea era un fuscello magro magro con due gambe piccolissime. “Tante squadre non ci hanno creduto per via della struttura fisica, è stata brava la Spal a insistere fino alla fine”. Intuizione vincente. Oggi D’Andrea, classe 2004, è alla seconda partita in A con il Sassuolo di Dionisi, anche lui stregato da quel piccoletto con la faccia da bravo ragazzo che non ha paura di niente. Adesso come allora.
“Mi prendo i meriti del cross di destro, gliel’ho insegnato io”
Il viaggio di Luca è partito dalla scuola calcio Azzurri, squadra della periferia di Napoli da cui è venuto fuori anche Alfredo Donnarumma, centravanti della Ternana prima in Serie B. “Sai quando nasci qui è tutto più difficile - racconta il suo primo allenatore Stefano Cirillo - devi avere quel qualcosa in più per emergere. Di aneddoti su D’Andrea ne avrei a bizzeffe. Pensa che i suoi genitori mandavano me a parlare con i professori per evitare note e sospensioni”. D’altronde Luca è sempre stato così. Irrequieto, iperattivo e imprendibile, in campo come a scuola. Non proprio un alunno modello. Poi però metteva gli scarpini e si trasformava. “In campo era bello da vedere per le movenze e l’estro, ma all’inizio non sapeva usare il destro. Giocava con un piede solo. Non sai quante partitelle in cui si poteva toccare il pallone solamente con il destro. Posso quindi dire che l’assist di sabato è un po’ mio! In fondo gliel’ho insegnato io per davvero” Lezioni. Oggi ci ride sù.
D’Andrea ne salta uno, due, tre e infila nell’angolino basso. Dalla tribuna parte un “sembra Messi”. Piano. Andiamo con ordine e cauti con i paragoni. La Spal, grazie a un guizzo del direttore Ludergnani e di Antonio Amodio, lo riesce a portare a Ferrara. “Posso dire che è stata una scommessa azzeccata, ma penso che il nostro più grande merito sia stato quello di credere sempre in lui”. Amodio - allora responsabile del centro-sud per la Spal - lo racconta così. “Quante ce ne ha combinate. Era un piccolo diavolo con la faccia da bravo ragazzo. Menomale che poi in campo ti faceva ricredere, non ce ne era per nessuno. Ricordo una partita con la Juventus a Vinovo, non lo prendevano mai!”.
“Il ragazzo si farà, anche se ha le spalle strette”. La canzone di De Gregori sembra raccontare Luca alla perfezione. Già, perché D’Andrea è piccolino, non cresce e tante volte ci soffre. Eppure la classe è tanta. Il talento per lui è sempre stato una certezza a cui appoggiarsi, nadir del suo cammino. “È sempre stato consapevole dei suoi mezzi. Prima delle partite importanti gli dicevo, trascinaci tu. Lo ha sempre fatto”. Dalla scuola calcio Azzurri alla Serie A con il Sassuolo, passando per la Spal, isola felice per giovani in cerca di un’occasione. Così è stato per Luca.
Ma prima dei colpi e dei gol, quello che cattura l’attenzione di chi lo conosce da sempre è lo sguardo. “È lo stesso di quando aveva dodici anni. Ha quella determinazione di chi vuole arrivare e credimi, gliel’ho letto negli occhi sia all’esordio che sabato scorso”. Questione di intesa e chi lo ha visto crescere lo sa meglio di chiunque altro. “È molto legato alla famiglia e ha i piedi per terra. Sa che per arrivare in alto ne deve fare ancora di strada. Lo vedo cresciuto, maturato anche nelle scelte. Quanti ragazzini all’esordio puntano l’uomo così tante volte? Secondo me pochi. E non lo dico perché sono di parte”. Cirillo il discorso lo chiude così, fotografia perfetta di un ragazzo che lui ha visto partire da zero. Voglia di spaccare il mondo, la spensieratezza nel provare la giocata, ma anche la lucidità di sapere in che momento della partita farlo. L’assist di sabato ne è la prova, gemma luminosa alla sua seconda partita con i grandi. Si spera sia la prima di tante. La strada intrapresa è quella giusta, ora starà a lui seguirla. Basterà continuare a correre, come ha sempre fatto, arando la fascia destra con dribbling e fantasia. Dai campetti di Ponticelli alla Serie A, in fondo è cambiato solo il contesto intorno.