Avere un sogno e lottare ogni giorno per raggiungerlo. Quello di David Di Michele era diventare un calciatore di Serie A. Obiettivo raggiunto, anche se la strada non è stata priva di ostacoli. Incomprensioni, scelte sbagliate e qualche errore di gioventù: “Quando sei giovane fai tante cose dettate dal momento e dall’istinto. Poi cresci, maturi e tante cose non le rifaresti o ti comporteresti in modo diverso”.
Tante storie da raccontare. Intrecci di mercato che ogni anno vedevano Re David protagonista, a partire dagli anni della Salernitana del patron Aliberti: “Ogni anno mi davano per partente. Nel gennaio del 2001 il presidente mi chiama nel suo ufficio. Eravamo secondi in Serie B e le cose andavano bene. Pensavo mi volesse dire di caricare la squadra, invece mi comunica che mi avrebbe venduto all’Inter e che quella sarebbe stata la mia ultima partita a Salerno. Vinciamo 1-0 contro il Ravenna, gol di Di Michele. Mi sembrava il modo più bello per salutare una piazza importante e che mi aveva dato tanto. Il giorno dopo ero a Milano, pronto a firmare con I nerazzurri. Arrivo e scopro che non mi avevano venduto e che sarei rimasto a Salerno”.
Di Michele e l'Inter, tutto sfumato sul più bello
Un duro colpo a livello psicologico. Un treno come l’Inter non passa tutti i giorni: “Avevo un grande legame con la Salernitana, ma l’Inter é un altro mondo. Anche a livello personale sarebbe stato tutto diverso. È stata una grande delusione, anche perché al rientro a Salerno mi sono infortunato alla caviglia”. Oltre al danno anche la beffa.
Prima Sliding door della carriera. Necessario ripartire con la testa giusta. La prossima tappa della carriera di “Re David” è Udine, sotto la guida di Luciano Spalletti. La cifra spesa dai Pozzo è importante: 24 miliardi di lire. Quando basta per salvare la Salernitana dal fallimento: “È stata un’ operazione gestita benissimo dal mio agente Antonelli (qui il retroscena della trattativa). Sono contento di aver evitato il fallimento di una società storica come la Salernitana con la mia cessione”. Con l’Udinese, dopo due anni di prestito alla Reggina, le cose vanno a meraviglia. Con Di Natale e Iaquinta l’intesa è da manuale e i gol a fine stagione di Di Michele saranno 15. Una storica qualificazione in Champions League raggiunta e tante squadre che iniziano a bussare alla porta, una per David particolarmente speciale: “Giocare con la Roma è sempre stato il mio sogno. Sarei andato anche a piedi. Quell’anno avevo fatto molto bene con l’Udinese e avevo un accordo con la Roma. In giallorosso avrei continuato a lavorare con Spalletti, con cui c’era un bel feeling. Purtroppo un suo litigio con i Pozzo fece saltare tutto. Giurarono che non gli avrebbero venduto nessun giocatore e così fu.” Tutto saltato sul più bello, di nuovo.
"Giocare con Totti sarebbe stato un sogno"
Di Michele e la Roma, due strade che si sono toccate tante volte senza incrociarsi mai. Nel 2008 il protagonista é Urbano Cairo, che ne bloccò la cessione: “Con il Torino ero ai ferri corti. De Biasi non mi vedeva ed ero fuori rosa. Avevo anche subito un’aggressione da parte di un gruppo di tifosi in pizzeria nel giorno del mio compleanno. Insomma c’erano tutti i presupposti per andare via, sia per me ma anche per loro. Era tutto fatto con la Roma, c’era Spalletti che mi stimava e per me giocare con Totti sarebbe stato un sogno. Ne parlo con Cairo che mi dice che non mi avrebbe ceduto a una diretta concorrente. Noi ci eravamo salvati all’ultima giornata, la Roma faceva la Champions League...”
Niente da fare, Cairo è un muro e l’occasione di realizzare il suo sogno sfuma nuovamente. L’ultimo giorno di mercato però si apre una possibilità che David non tarda a cogliere: “Il nostro mercato era chiuso, in Inghilterra ancora no. Antonelli mi dice che sarei potuto andare al West Ham. In due ore l’operazione era chiusa. In Premier League ho scoperto un altro mondo, è stata un’esperienza bellissima. Hanno una grande cultura del lavoro e sotto tanti punti di vista sono avanti anni luce rispetto a noi. Un’avventura di vita che porto dentro di me anche se è durata solo una stagione”.
Tornato a Torino, lo scenario è cambiato: la squadra è retrocessa e Di Michele viene messo al centro del progetto per ripartire. Titolare e capitano.
“C’era in ogni caso la sensazione che qualcosa si fosse rotto. Io ho sempre dato il 100% e ho sempre cercato di onorare una maglia storica come quella del Torino. Ma alla prima difficoltà e ai primi errori ero sempre io il capro espiatorio. Così decisi di cambiare aria”. Altro giro, altra corsa. A gennaio arriva il Lecce di De Canio: “Il mister mi voleva. Il Torino non voleva vendermi fino alla fine, poi hanno ceduto. Era la soluzione migliore per tutti. A Lecce ho passato due anni bellissimi, vincendo anche il campionato. Mi proposero di andare al Brescia o di tornare a Salerno, io ero convinto di volere solo il Lecce ed è stata la scelta giusta”.
La Serie A era il suo sogno da calciatore e l’ha raggiunto. Ora l’obiettivo è arrivarci da allenatore. Partire con i piedi per terra ma senza porsi limiti.
a cura di Lorenzo Cascini