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Galliani-Cellino e quella «pazza» cena alla Risacca 6 per... Suazo all'Inter!
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Galliani-Cellino. Praticamente sempre contro, in campo, dalla grande classica Milan-Cagliari all'inedito Brescia-Monza: questa sera, ore 21, gli occhi della Serie B saranno sul Rigamonti. La coppia Galliani-Cellino, sul mercato, ha regalato scene irripetibili e trattative al limite del fiabesco. Una su tutte, quella per David Suazo, conteso tra Milan e Inter. 

 

 

18 giugno 2007: Cellino, presidente del Cagliari, quella sera decide di cenare alla Risacca 6, ristorante nel pieno centro di Milano. È molto nervoso, se ne accorge anche il proprietario del locale che a stento saluta. Mezzo passo all’interno e una voce cordiale lo sorprende.

«Massimo! Che piacere, vieni con noi.» Adriano Galliani lo invita a sedersi al suo tavolo, in compagnia di Emilio Fede e Fedele Confalonieri, presidente di Mediaset. Il volto scuro di Cellino desta subito grande interesse, suscitando la curiosità dei presenti. «Perché questa faccia? Sei arrabbiato? Raccontaci tutto.» 

Nemmeno il tempo di chiedere, il motivo viene a galla in un attimo: l’Inter si è stretta la mano con il suo Suazo, attaccante che ha segnato la storia del Cagliari con più di 100 gol, e gli ha addirittura fatto sostenere le visite mediche, autorizzate. Ma, c’è un «ma» in sospeso che resta in gola e toglie il sonno al numero uno rossoblu.

«Non hanno ancora trovato un’intesa con me» sbotta Cellino. «Un giorno mi offrono una bici, quello dopo un go kart... insomma tutti giocatori che non mi interessano.» Off, on. Nella testa di Galliani si accende qualcosa. «Scusa, ma perché non lo dai a noi? Abbiamo appena perso Shevchenko. Quanto vuoi?»

L’Inter offre 14 milioni di euro per tutto il cartellino, mentre il Milan, in quella stessa cena, ne mette sul tavolo 7 per la metà (all’epoca era ancora previsto l’istituto della comproprietà). «Qua la mano!» Galliani, senza tergiversare un secondo, chiama Berlusconi. «Presidente, le passo Massimo Cellino, fissiamo un appuntamento per definire l’acquisto di David Suazo.»

 

 

L’amministratore delegato stacca il telefonino dall’orecchio, lo pulisce con la manica sinistra come fa sempre e lo passa a Cellino che accetta, finalmente soddisfatto e con viso rilassato. L’agente dell’attaccante, Giovanni Branchini, in quel momento si trova però esattamente dall’altra parte del mondo, in Giappone, per festeggiare il compleanno di Masashi Oguro, giocatore del Torino di cui segue gli interessi. Musica, balli e qualche drink, ma tutto abbastanza sobrio. Al risveglio, il cellulare scotta: cento chiamate, mille messaggi di ogni genere, tra cui quello di un suo collaboratore, Antonio Dell’Aglio, che si trovava casualmente a cena proprio alla Risacca 6, poco lontano dal tavolo dell’accordo incriminato.

La situazione si fa piuttosto delicata, perché da una parte c’è l’impegno preso tra Suazo e l’Inter, dall’altra l’intesa raggiunta tra il Cagliari e un Milan che accelera minuto dopo minuto, tanto da convocare subito Cellino in sede, quella stessa notte.

«Firmiamo?» «Firmiamo.» Con tanto di annuncio sul canale televisivo del club Milan Channel che ufficializza praticamente il passaggio di Suazo al Milan. Ahia. Massimo Cellino sobbalza dalla sedia di via Turati.

«Ma no! Che fate! Chiamate Branchini prima! Avvisate il giocatore!» L’esperto agente, tra due fuochi e con le spalle al muro, decide di proseguire sulla linea della parola data all’Inter, più per una questione di principio che di colori. «Un impegno preso è un impegno preso» ammette lo stesso Branchini a Galliani, che dalla sua, però, ha il supporto di Cellino.

Il presidente del Cagliari, infatti, consiglia a Suazo di accettare il Milan. «È stato più determinato, ti hanno cercato con maggiore insistenza, ma ovviamente devi scegliere tu.» Il giocatore barcolla ma resta sulla sua posizione, convinto anche dalle continue chiamate dell’allenatore nerazzurro Roberto Mancini.

Il derby si chiude grazie all’offerta giusta, 19 milioni più la metà del cartellino di Acquafresca e vari bonus per arrivare fino a 23-24 totali, ma soprattutto grazie alla promessa, rispettata, della fedele pantera arrivata dall’Honduras.

 

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