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Lorenzo
Cascini

Nel mondo dell’Heerenveen, fucina di talenti d’Olanda. Tanti incroci di mercato tra dribbling, falcate e occhi di ghiaccio 
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In Olanda tra Assen e Groningen c’è un’oasi felice in cui si respirano calcio e voglia di stupire. Ad Heerenveen, cittadina di 30mila abitanti, i ragazzi hanno la possibilità di crescere lontani dalle pressioni dei grandi club. Sbagli? Non fa niente, soprattutto per chi deve essere formato e ha bisogno di imparare. Mentalità. E i risultati parlano per loro. Sono tanti infatti i giocatori che sono passati per il club e sono poi arrivati in alto. Questione di lungimiranza e organizzazione. 

 

Heerenveen tra strutture, sport e musei 

Heerenveen è una città che vive di sport e di musei. Opere d’arte che si incrociano, con il progetto della squadra di calcio che ne è il fiore all’occhiello. Sono in Eredivisie da oltre vent’anni e nell’ultimo decennio si sono tolti diverse soddisfazioni come la qualificazione in Champions e la vittoria in Coppa d’Olanda contro il Twente nel 2009. Ma non è un caso. La società Heerenveen ha infatti costruito un vero e proprio gioiellino: dal centro di allenamento alla gestione del settore giovanile e allo stadio. Già, perché le strutture qui sono di livello mondiale. Lo stadio - Abe Lenstra Stadion - ha più di 25mila posti e il centro di allenamento, dove giocano anche la squadra femminile e tutte le giovanili, ha più di dieci campi. 

 

 

 

Heerenveen è una miniera d’oro. Negli anni sono tanti i giocatori che sono usciti da qui, dove si ha l’occasione di crescere e formarsi prima di diventare grandi. Giovani dal talento assicurato, gestiti nel modo giusto. Pepite. Da Van Nistelrooy a Huntelaar, Odegaard e Ziyech. Partiamo proprio da quest’ultimo, oggi esterno del Chelsea e obiettivo di mercato di Massara e Maldini per dare fantasia al Milan che verrà. Ma la carriera di Hakim parte proprio da qui. Il marocchino infatti esplode nel 2013/2014 con Marco Van Basten allenatore. Altro incrocio con il Milan. Anche se le cose con l’olandese, dal punto di vista caratteriale, non andranno per il verso giusto. Screzi, frecciatine e chi più ne ha più ne metta. Però in campo apriti cielo. Ziyech inventa, sforna assist su assist e fa 11 gol in campionato. Da piccolo lui era uno a cui gli allenatori dovevano fischiare per fargli passare il pallone, negli anni non è cambiato molto. Estro e dribbling come parole d’ordine. Della serie: “Io sono così, se ti piace bene sennò chi se ne frega”. Un artista del pallone, tanto forte in campo quanto, a volte, sregolato fuori. Van Basten lo definirá “un buon giocatore ma una persona stupida”, il marocchino risponderà per le rime dicendo che con un cognome così non puoi non allenare. Sipario. Se però Hakim lo scorso anno è diventato campione d’Europa con il Chelsea, lo deve anche un po’ all’Heerenveen che lo fatto crescere ed esordire in prima squadra. In quel centrocampo con lui c’era anche De Roon. Oggi il Milan vorrebbe prendere Ziyech  in prestito per farlo tornare ai suoi livelli, come quando dribblava tutti e faceva impazzire avversari e compagni. Sperando che la testa sia diversa. 

 

 

 

C’è un altro giocatore poi che sarebbe potuto arrivare al Milan in questa sessione di mercato, per poi vedere sfumare tutto sul più bello. È un classe duemila, di mestiere fa il difensore, due anni fa ha vinto una Ligue 1 con il Lille e ha gli occhi di ghiaccio: Sven Botman. Ora lo ha preso il Newcastle per quaranta milioni, ma anche lui è cresciuto ad Heerenveen. Fucina di talenti, come detto. Botman è uno di cui si parlava già un gran bene nelle giovanili dell’Ajax, ma in Eredivisie ha esordito nel 2019 con i bianco blu di Jansen. Chi lo conosce lo descrive come un vincente, fortissimo di testa e con un gran senso dell’anticipo. Sven è un ragazzo timido, che in campo si trasforma e devastante. Nel suo anno all’Heerenveen inizialmente partiva dietro nelle gerarchie, poi si è preso il posto e non è più uscito. Dominante. Aveva la stessa leadership e personalità di oggi” racconta chi era lì e lo ha visto crescere. Futuro assicurato.  

 

 Dumfries e Throsby, dall'Heerenveen alla Serie A 

“Quel ragazzo deve giocare sulla fascia, cosa ci fa centrale?” Giusta fu un’intuizione che diede il via alla carriera di Denzel Dumfries, altro talento passato da Heerenveen e oggi in Italia. Tra falcate, cross e inserimenti, dargli la possibilità di giocare largo si rivelerà con il tempo una mossa vincente. La sua storia parte da Aruba, isola caraibica olandesi ai confini del pallone, e finisce a Milano sponda nerazzurra. Con un mondo in mezzo. Sparta Rotterdam, Heerenveen, Psv e poi Inter. In bianco blu farà una stagione sola, giocandole praticamente tutte e conquistandosi la nazionale Under 21. Davanti a lui, mezzala destra, c’era Morten Throsby oggi alla Samp. Qui Dumfries è diventato il giocatore che tutti conosciamo: 4 gol e 6 assist, più di quanto aveva fatto prima in tutta la carriera. Merito anche del mondo Heerenveen, isola felice di talenti dove si può crescere e sbagliare in pace. Oggi l’Inter ringrazia. 

 

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