“Almeno mi diverto”. 17 anni, da Dakar a Torino: c’è un mondo di mezzo, un salto nel vuoto. L’unica certezza? Il calcio: a Brandizzo, a pochi chilometri da Torino, può giocarlo per 150 euro di stipendio al mese. Mbaye Diagne non può sapere che sarebbe diventato la sua vita. Fino a 21 anni, anzi, non ci può neanche troppo pensare: ma quando firma con la Juventus, cambia tutto.
“Nemmeno ci credevo, per me è stato un sogno”, ci racconta l’attaccante, 31 anni, ora al Fatih Karagümrük nella Süper Lig turca. Al club di Istanbul ci è arrivato dal Galatasaray, che lo aveva mandato in prestito al Club Bruges e al West Bromwich. “Tutti i ragazzini che giocano in Italia vorrebbero andare alla Juve, o a Milano. Quando il mio agente mi ha chiamato per comunicarmi la notizia ero alle stelle, e così tutta la mia famiglia. Ma la mia storia è cominciata un po’ prima”.
"Mario, come Balotelli"
È arrivato in Italia lasciando la mamma a Dakar, per raggiungere il papà: casa in Barriera di Milano, la periferia proletaria di Torino. Quindi l’esperienza nel Brandizzo, in prima categoria, dove segna una valanga di gol. Lì, iniziano a chiamarlo tutti “Mario”: lo fanno ancora adesso. “Dicevano che ero uguale a Balotelli per come mi muovevo e per la pettinatura. Conosco bene suo fratello, siamo amici”, ride.
All’agente Claudio Mossio erano arrivate così tante segnalazioni su “Mario”, che aveva deciso di dare loro un seguito, proponendogli di diventare il suo procuratore. Pronti, via, arriva l’offerta del Bra in Serie D: navetta per lui da Torino, stipendio aumentato. “Partirai dalla panchina, poi vedremo”. Una frase che si è sentito dire spesso. Nel giro di poche settimane, a causa di un infortunio della punta titolare, Diagne inizia a giocare e non si ferma più: 23 gol in 23 gare. “Prima o poi voglio tornare a ringraziarli, ho lasciato tanti amici: è lì che ho iniziato a capire che forse il calcio poteva diventare qualcosa per me”. Perché la sua storia è sempre stata quella: vedere cosa sarebbe successo, scoprire quale avrebbe potuto essere il suo percorso.
La chiamata della Juventus
Al termine di quell’anno, si fanno avanti Crotone e Trapani in Serie B: “Mario” è extracomunitario, ma in virtù della promozione in Serie C del Bra avrebbe potuto ottenere il passaporto. Ma qualcosa cambia ancora: Mossio chiama Paratici, con cui ha sempre avuto un ottimo rapporto e chiude con la Juventus. Ha già 22 anni, lo può comprare solo la prima squadra: viene acquistato pagando una cifra che i bianconeri incassano subito cedendolo in prestito oneroso all’Ajaccio, da Ravanelli. “Sapevo che non avrei avuto spazio alla Juve, il livello era davvero troppo alto e io non volevo bruciare la mia occasione”.
Paratici preferisce prestarlo all’estero per farlo crescere meglio dal punto di vista tecnico e tattico. “Al massimo, avrei potuto fare la Serie B”, continua Mbaye, “Mi sono sempre detto però che prima o poi sarei tornato per restare. Non è andata così, ma non mi lamento: ho fatto delle amichevoli con i bianconeri, e mi ricordo ancora adesso tutti i consigli che mi dava Fabio Grosso. Mi diceva che avevo potenziale, ma che dovevo lavorare tanto per metterlo a frutto”. Alla Juve non è rimasto perché gli ungheresi dell’Uipest avevano proposto l’acquisto a titolo definitivo con percentuale sulla rivendita: estate 2015, è la svolta della sua carriera.
Quel volo cambiato all'ultimo
“Mario” ha sempre amato viaggiare e da lì comincia un percorso che lo porta a conoscere tanti campionati diversi. Nel 2016 chiama lo Sporting Lisbona: tanti appuntamenti in Portogallo, ma quando sembra tutto fatto, l’agente si trova costretto a bloccare tutto. Per Diagne (11 gol in 14 gare in Ungheria) ci sono i cinesi del Tianjin, che sul piatto hanno presentato un’offerta tre volte superiore rispetto ai portoghesi. Impossibile da rifiutare: si trattava di sistemare per sempre la sua famiglia, dopo tanti sacrifici. “Per anni, mio papà è rimasto nell’appartamento che avevamo a Torino: mi aveva seguito quando sono andato in Belgio. Ora è tornato in Senegal”, dove un giorno “Mario” sogna di giocare. “Mi piacerebbe chiudere la carriera lì, anche se è ancora presto”.
A 29 anni, dopo due stagioni in Cina, va a giocare in Turchia: prima il Kasimpasa da gennaio 2018 a gennaio 2019; poi il Galatasaray dove firma per quattro anni e mezzo, vince il titolo di capocannoniere e uno scudetto, prima che alcune incomprensioni con l’ambiente lo portino di nuovo in Belgio al Brugge, e quindi in Premier. Con il West Bromwich, nonostante le difficoltà, Diagne si trova bene e colleziona 3 gol e 2 assist in 16 presenze.
Dopo l'esperienza oltremanica il classe 1991 torna al Galatasaray, dove rimarrà fino al luglio 2022. Poi la firma con il Fatih Karagümrük e la sfilza di gol sotto la guida di Andrea Pirlo: ben 25 in 35 partite, fra campionato e coppa nazionale. Finire la carriera in Italia? “Sarebbe bellissimo: chiuderei un percorso”.
Non ha ancora il passaporto comunitario, ma dieci anni di residenza continua a Torino gli permetteranno di ottenerlo presto. Parla un perfetto italiano e nonostante tanto girovagare, quella resta comunque casa sua. “Qualche proposta dalla Serie A è arrivata, ma non ero convinto e non volevo arrivare per fare una comparsata”. Perché rispetto a quando è partito, “Mario” non è più un giocatore da “vediamo come andrà”. È tutta un’altra cosa.