Il compleanno lo festeggia nella terra che lo ha adottato. “Sono a Cagliari” ci dice al telefono. Percepisci il sorriso. “A casa”. David Suazo in Sardegna ha trovato tutto: la squadra che lo ha fatto crescere, la famiglia, il posto dove lavorare una volta dato l’addio al calcio. “Festeggio con 20°, come si sta sulla terra ferma?”. È nato il 5 novembre 1979, quest’anno ne fa 41 e resta in attesa di una possibilità. “Io mi sento un allenatore, lavoro per questo”, dice.
Un’occasione l’ha avuta un po’ di tempo fa, nel Brescia di Cellino. Il suo presidente. Non è andata benissimo: esonero dopo 3 giornate, nel 2018. Ma con Cellino quel rischio c’è sempre. E in qualche modo l’ha vissuto anche da giocatore.
“Penso che siano state le 10 ore più difficili della mia carriera”, ci racconta. “Non ho dormito la notte. A posteriori, dico che ero orgoglioso: mi volevano Inter e Milan, due gran belle squadre. Ma mi sono trovato da un punto all’altro con un’altra maglia addosso. È stato quasi un incubo, nel senso che percepivo il peso della scelta: ero accanto a mia moglie, non ho chiuso occhio”. E poi? “Il mio agente, Branchini, ha risolto. Avevo dato la mia parola all’Inter, era stato quasi definito tutto, e avevo già parlato con Mancini: non avevo mai cambiato la mia decisione iniziale, ma sentirmi dire che sarei andato al Milan mi ha creato un po’ di emozione”. Problema risolto, trasferimento completato.
Ma a Cagliari, Suazo ha lasciato il cuore. E ci è tornato. Come allenatore ha cominciato proprio da lì, dalle giovanili. “E uno dei miei due figli (David Eduardo, ndr) gioca per i rossoblù, l’altro (Luis Gabriel, ndr) per una squadra dilettantistica”. Oggi spegnerà le candeline con loro: “In famiglia, è sempre bello”, sorride. Pensando a quei 102 gol in maglia rossoblù. E a quel calciomercato che lo ha reso protagonista, inaspettato, di uno dei più combattuti derby fuori dal campo.