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Marco
Juric

Schick, una macchina da gol per la Repubblica Ceca che voleva mezza Serie A
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E' stato uno dei protagonisti dell'Europeo, su questo ci sono pochi dubbi. Patrik Schick ha incantato con un gol bellissimo da 50 metri, ha dimostrato attaccamento alla maglia tirando un rigore con il volto quasi sanguinante e al momento è capocannoniere insieme a Cristiano Ronaldo con 5 reti. L'eliminazione per mano della Danimarca è pesante, ma il bilancio personale è positivo. 

Ma soprattutto, Schick ha finalmente confermato le qualità cristalline intraviste con la Sampdoria, assolutamente nascoste con la Roma. "Non sono stato all'altezza", l'ammissione di qualche giorno fa dell'attaccante ceco, dopo 3 gol all'Europeo,  è sincera, probabilmente matura, certamente in controtendenza rispetto ad una nomea troppo severa che si era fatto in patria. "E' presuntuoso e pieno si sé", la targhetta affibiatagli era stata netta.

 

 

Colpa, chissà, di una vita agiata passata in pieno centro a Praga tra il laboratorio e il forno della pasticceria di papà, la villetta di famiglia e un talento cristallino palese fin sa subito. Parlando con chi lo ha vissuto da ragazzo il giudizio era unanime, "bravissimo ma purtroppo lo sa bene anche lui". L'inizio della carriera da calciatore parte dal piccolo campo del Viktoria Vestec, squadra dei sobborghi della città dove si mette subito in evidenza. Lo Sparta Praga non ci mette molto a capire che il talento ceco era proprio dietro casa. A 16 anni lo fa esordire in prima squadra, poi dopo un anno di prestito al Bohemians i radar della Sampdoria nella persona di Riccardo Pecini capiscono che il tempo passato in Repubblica Ceca è troppo. Nell'estate del 2016 l'arrivo in Italia e una prima stagione con i blucerchiati che non ha bisogno di troppi ricordi: 11 gol in un anno, alcuni bellissimi. Boom, l'esplosione è fragorosa e l'estate del 2017 diventa l'estate di Patrik Schick. 

  

La Juventus ad inizio giugno chiude l'operazione con la Sampdoria per 30 milioni di euro. Visite mediche e foto di rito rese pubbliche, è fatta. I giorni passano ma l'annuncio non arriva. A metà luglio il colpo di scena con i bianconeri che rinunciano al suo acquisto. Problemi cardiaci durante le visite mediche, meglio non rischiare. 

Pavel Nedved, che voleva a tutti i costi il giocatore, non riesce a convincere la società ad insistere per chiudere lo stesso l'operazione. Niente da fare, la Juventus prova a cambiare i termini, ma la Sampdoria non ci sta: "lo vendiamo solo per una cifra importante".

 

 

E così sarà, Roma, Inter e Napoli si fanno avanti per mostrare il proprio interessamento. L'attaccante ceco è la classica occasione da non sfarsi sfuggire. Ma oltre ai giallorossi, l'unica a fare sul serio è il Napoli, con il direttore sportivo Cristiano Giuntoli che incontra più volte l'agente del giocatore per presentare il progetto. La società però non è convinta e non arriva l'offerta adatta.

Nel mentre la Roma dopo una lunghissima rincorsa affannosa a Rihad Mahrez inizia ad interessarsi davvero all'attaccante ceco. Sonda la disponibilità del club e del giocatore e dopo aver mollato l'algerino piomba su Schick. L'offerta è da record: 42 milioni di euro. Fatta. L'attaccante diventa (e tutt'oggi rimane) l'acquisto più oneroso della storia giallorossa. Monchi, che ha insistito a lungo per chiudere il colpo, finalmente può esultare. 

Anche perchè la concorrenza non si limitava alla Serie A, in Premier il giocatore era richiesto dal Liverpool di Klopp sia dal Tottenham di Pochettino. 

 

La Roma però chiude l'investimento storico, che poi non ripagherà le aspettative. In due anni l'attaccante segna 5 gol, ne sbaglia almeno il doppio, compreso il tiraccio su Szczesny in uno Juventus-Roma che rimane indelebile nella memoria dei tifosi giallorossi. Gioca da titolare i quarti di finale storici di Champions League contro il Barcellona, ma più che un ricordo, a Roma, Schick è visto come un abbaglio. 42 milioni sono pesanti, così come giocare fuori ruolo per un intero biennio.

Ma la spiegazione di cosa successe con i giallorossi la da direttamente lui: "Sinceramente, non ero pronto al 100% ed ero un po' troppo giovane per le sfide della Serie A. È vero che avevo fatto un ottimo primo anno con la Sampdoria. Ma poi quando vai in un grande club, come la Roma, le difficoltà crescono e non sono stato all'altezza in quel momento". 

Rimpianti? Pochi, da entrambe le parti. Troppo presto, troppo largo, troppo tutto. Tempi e luoghi (in campo) non hanno coinciso. A Roma si era partiti con "la vie c'est Schick", è finita con un "va-t'en". La traduzione fatela voi. 

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