“Il calcio di oggi mi ha un po’ deluso. Per i giocatori di qualità come me c’è poco spazio e poca richiesta, si punta sempre di più sulla corsa e l’aspetto fisico. Ora non guardo quasi più le partite neanche in tv, preferisco vedere i cartoni con mia figlia Valentina”. Basta una frase per capire che Felipe Sodinha, trequartista brasiliano in Italia da più di 10 anni, non sarà mai banale.
Chi lo ha visto giocare e ama un certo tipo di calcio, non può che essersi innamorato di lui. E per quanto riguarda la persona, come traspare dalle parole rilasciate in esclusiva a grandhotelcalciomercato.com, si intuisce subito la lealtà e la sincerità di un ragazzo che si è perso e poi ritrovato, grazie anche alla fede e alla famiglia.
Nuova sfida in Serie D al Franciacorta
Gli anni centrali della sua carriera li ha vissuti in Serie B a Brescia fra il 2012 e il 2015, dove ha poi messo le radici della sua vita italiana.
Anche per questo, dopo aver vissuto le ultime due stagioni al Modena in Serie C, ha scelto di sposare il progetto del Franciacorta in D: “Prima di tutto volevo stare più vicino alla mia famiglia e non volevo spostarmi di tanto. Mi hanno cercato tante squadre di Serie C e D, anche se mi aspettavo qualcosa in più. Ho parlato con il direttore Bianchini e il loro progetto mi piace perché l’allenatore ha la mia stessa mentalità: gli piace giocare in modo offensivo e con il trequartista. Non pensavo di trovare una squadra vicino a casa mia con un progetto così importante”.
Sodinha riparte dalla Serie D, ma non abbandona le speranze di tornare nelle categorie superiori: “Non mollo niente e spero di ritornare a livelli più alti. Però faccio sempre un passo alla volta, gradino per gradino. So che non sarà facile per il mio modo di giocare e per come è cambiato il calcio, ma finchè hai passione e la testa e il corpo reggono, puoi giocare. Sono però convinto che farei meno fatica a giocare in A o in B rispetto alla C e alla D. Nelle categorie superiori capirebbero i movimenti e le mie giocate riuscirebbero meglio. Ci proviamo”.
Soda, Sodinha: tutto nasce dal pub di famiglia in Brasile
Per comprendere al meglio la genesi del suo talento bisogna fare un passo indietro e partire dal suo nome. Sodinha deriva da suo padre, come ci spiega lui: “Mio nonno aveva un pub a Jundiaí e mio padre andava a dormire nel retro del bar per non restare da solo a casa. Mio padre, ancora bambino, ogni notte si svegliava alle 4 con una sete incredibile. Ma non chiedeva l’acqua come normale che fosse, ma la Soda, una bevenda gasata brasiliana. Quella bibita gli piaceva talmente tanto che tutti iniziarono a chiamarlo “Soda”.
Così quando io iniziai a giocare alla scuola calcio, dato che già in 4 o 5 si chiamavano Felipe come me, per distinguermi mi soprannominarono “Sodinha”, essendo il figlio di “Soda”, che giocava a buoni livelli ed era molto conosciuto in città”. Una classica storia sudamericana, tanto che “nessuno mi chiama più Felipe a casa mia”, ormai solo Sodinha. Il nuovo “cognome” il trequartista se lo è portato dietro per tutta la carriera.
“Pozzo si innamorò di me. Mi sentivo dentro alla playstation”
L’arrivo in Italia è stato merito dell’Udinese, che lo scovò giovanissimo: “Passai dal futsal al calcio a 11 e in poco tempo arrivai nella prima squadra del Paulista. A 15 anni ero già con i grandi. Un giorno, dopo una partita, scoprii che un osservatore dell’Udinese era venuto a vedermi. Il mio agente montò un Dvd delle mie migliori giocate per Pozzo. Il presidente si innamorò all’istante di me e mi acquistò. Anche se non ho esordito con l’Udinese per me è stato un sogno arrivare in Europa e fare allenamenti e ritiri con tutti quei campioni: Di Natale, Quagliarella, Iaquinta. Li avevo visti solo alla playstation”.
La fede, l’amore, il ritiro e il rientro: le difficoltà di un uomo che si è rialzato
La vita però è fatta di alti e bassi, di momenti difficili dai quali è difficile riprendersi e il trequartista lo ha capito in prima persona. Sodinha ha impressionato e divertito per tanti anni fra Serie B e C, ma nel gennaio 2016 si accorge che qualcosa dentro di lui non va: “Avevo tanti problemi, dentro e fuori dal campo. Mi mancava il Brasile e gli allenamenti mi pesavano fisicamente. Mi dissero che dovevo operarmi ancora al ginocchio e io non potevo sopportare un altro intervento”.
Così arriva l’addio al calcio per ritrovarsi, ma tornando in Brasile vive solo l’effetto opposto: “È stato il momento peggiore della mia vita. Bevevo e facevo una vita sregolata. Non facevo più niente, ero perso”.
Poi, all’improvviso, arrivano la fede e l’amore: “Iniziai a frequentare la chiesa evangelica dove andava la mia famiglia e chiesi direttamente a Dio: «Se veramente esisti, permettimi di tornare a giocare a calcio senza operarmi». La mia richiesta venne ascoltata e successe un miracolo: alla risonanza successiva mi dissero che non dovevo più effettuare l’intervento. Così ritrovai fiducia e la voglia di tornare sul campo. In questo mi aiutò molto anche Rosangela, la mia attuale moglie. La conobbi nel momento più difficile e mi ha dato la forza di allenarmi e rimettermi in forma.
Quando stavo finalmente bene, misi un annuncio su Facebook spiegando la mia volontà di tornare. Mi chiamarono dal Mantova e lì iniziò nuovamente la mia vita e la mia carriera italiana”.
“Futsal nel futuro? Perché no! Mio padre me lo ha già proposto…”
Adesso per Felipe l’obiettivo è riconfermarsi al Franciacorta e magari meritarsi una chiamata a livelli più alti. Nel futuro però, non si può escludere un ritorno alle origini e al futsal, dove è nato come calciatore: “Mio padre mi propose di tornare in Brasile e giocare a calcio a 5, per ora gli ho detto di no, ma non è una brutta idea. Il livello tecnico dei giocatori lì è molto alto ed è sempre un piacere per me vedere quello sport in televisione. Il mio mito in questo senso resta sempre Falcão, il più grande di tutti”.
Intanto la testa è alla nuova sfida in Serie D e il consiglio spassionato, ora che il pubblico può tornare, è quello di ritagliarsi una domenica per vederlo all’opera. Per ritrovare la passione primordiale per il calcio, quella che ci ha fatto innamorare di questo sport da bambini. Al di là della categoria.
Tecnica, divertimento e sentimenti veri. In questo Sodinha non è veramente secondo a nessuno.