Protagonista silenzioso, Son Heung-min. Poco incline all’estetica apparenza e al clamore dell’esaltazione. Il campo come unica voce da far parlare. Un pragmatismo fatto di sacrificio e lavoro, in piena coerenza con la cultura asiatica. Un giocatore totale nel suo interpretare il calcio. Un atleta completo per la forza fisica, la qualità nei piedi, l’intelligenza nella lettura dei tempi e degli spazi. La Premier la casa in cui da anni si esprime come uno dei migliori atleti del panorama europeo. Sottovalutato, a volte. Ma a lui poco importa. Lui risponde con il suo sorriso, semplice e puro. E con i gol, naturalmente. Son, la costante del Totthenam.
Dagli insegnamenti del padre alla mentalità da campione
Fermare il tempo e voltarsi indietro. Perché chi siamo lo determina, anche, il nostro passato. Vale per tutti. Vale, soprattutto, per Son Heung-min. Radici profonde con la sua famiglia e con il suo paese. Lì, dove tutto è partito. Fondamentale il ruolo del padre. Insegnante di calcio. Insegnante di vita. Allenamenti infiniti. Questione di sacrificio. Questione di metodo: “Una volta ci ha fatto palleggiare per quattro ore - raccontò Son al Guardian -. Dopo tre ore ero stanchissimo, iniziavo a vedere tre palle e il pavimento rosso per gli occhi gonfi di sangue. Lui era così arrabbiato. Ne parliamo ancora oggi quando siamo tutti insieme. Quattro ore senza far cadere la palla a terra, è difficile no?". L’abitudine al lavoro: “Senza di lui probabilmente non sarei dove sono oggi. È importante incontrare un grande manager e io ho avuto la fortuna di farlo”. Avere un obiettivo. Focalizzarsi unicamente su quello, lasciando fuori vizi e svaghi: “A me, però, non interessano. Voglio solo giocare ad alti livelli e rendere tutti felici”. Perché “Un professionista è qualcosa di più del semplice talento”. Proprio come l’idolo Ronaldo: “Lavora molto più del talento che ha. Ho visto molti giocatori senza mentalità, convinti che il loro talento sia sufficiente. Ma non è così”. Questione di mentalità. Il talento come base da cui partire. Il sacrificio e l’allenamento come stelle polari con cui costruirsi il futuro.
Il rapporto complesso con la Corea del Sud
Il legame con la famiglia e con il suo Paese. La responsabilità di rappresentare la propria nazione. La responsabilità di esserne un simbolo e un riferimento: “Quando giochiamo a Wembley, sapete quante bandiere coreane ci sono? Punto a mantenere questi standard più a lungo possibile perché voglio ripagare il loro affetto. Questo è molto importante per me. Mi sento un ambasciatore per il mio Paese perché loro sono lì a guardarmi anche quando in Corea del Sud sono le cinque del mattino. È una cosa che mi responsabilizza e non voglio deluderli”. Un paese, la sua Corea del Sud, che ha rischiato di condizionare il suo percorso. Questo per la presenza di una legge che rende il servizio di leva militare, per una durata di 21 mesi, obbligatorio e da svolgersi prima del 28esimo anno d’età.
Unica eccezione la vittoria di una competizione internazionale o un risultato di grande prestigio per il paese. Una corsa contro il tempo. Le lacrime il giorno dell’eliminazione dal Mondiale in Russia. La vittoria nel 2018 dei Giochi asiatici con la nazionale sudcoreana Under-23 che lo esenta dal servizio militare. Un rapporto complesso quello con la Corea del Sud. Il paese dove tutto è iniziato. Il paese che poteva toglierli il calcio. Il paese di cui è simbolo.
Il 7 del Tottenham
Son parte dalla prestigiosa accademia dell’FC Seoul. All’età di 16 anni l’addio alla Corea del Sud per andare in Germania. Neanche maggiorenne appesa nelle giovanili dell’Amburgo, divenendo così uno dei primi ragazzi coinvolti nel programma di formazione di giovani asiatici messa in atto dai club di Bundesliga. Poi nel 2013 il passaggio al Bayer Leverkusen per 10. Qui un incontro determinante per la sua carriera, quello con Roger Schimdt, professore del gegenpressing con il suo Red Bull Salisburgo. Un destino in comune con un altro che in Premier è diventato uno degli esterni più forti al mondo, Sadio Manè. Nel 2015 l’arrivo in Premier che lo rende il giocatore asiatico più pagato di sempre. Un percorso di crescita e continua maturazione che lo porta a essere uno degli attaccanti più importanti del calcio inglese. Il numero 7 si è conquistato il Tottenham. Son-aldo si è conquistato la Premier. Silenzioso, ma decisivo. Concentrazione e determinazione. Il disinteresse per la fama. Come unica volontà l’essere un professionista. Con sorriso genuino sul volto. La consapevolezza del futuro da costruirsi. Il campo come unico palcoscenico da far parlare.