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Van Der Meyde si racconta: "Inter pazzesca, la amo ancora. Koeman mi cambiò la carriera"
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Una gamba piegata e l'altra appoggiata a terra, le braccia che brandiscono un fucile e l'occhio che si chiude per mirare: centro. Quando assumeva quella posa il colpo era andato a segno e il cecchino poteva esultare. E Andy Van Der Meyde la fece diventare quasi iconica quel modo di celebrare un gol. Ajax, Inter e Everton le tappe più importanti della sua carriera da calciatore. Poi la passione per la palestra e la vita da culturista, infine quella da "giornalista" su YouTube, dove sul suo canale intervista ex calciatori dal 2018. 

L'Ajax, Koeman e il rapporto con l'Inter

Nel 2003 il primo grande salto fuori dall'Olanda. Dopo la delusione del quarto di finale perso a San Siro contro il Milan all'ultimo respiro ad aprile, Andy scelse il Meazza come sua nuova casa per la stagione seguente, ma la metà nerazzurra: "Avevo giocato contro l'Inter in Champions e avevo fatto bella figura - racconta l'ex centrocampista a grandhotelcalciomercato.com -. Loro si interessarono fortemente a me, ma io volevo rimanere all'Ajax, però il club fu costretto a cedermi. Ho dei gran bei ricordi a Milano. L'Inter è una grande squadra, con tifosi eccezionali che mi trattarono come un re". Il nostro paese gli è rimasto nel cuore: "È stato pazzesco giocare in Italia e mi sono goduto al massimo quell'esperienza".

Dopo l'Inter, nel 2005, l'esperienza in Premier League (all'Everton, ndr) per Van Der Meyde, che sarebbe già potuta arrivare prima, proprio al posto di quella nerazzurra: "Nell'estate del 2003 mi cercò anche il Blackburn. In realtà i Rovers avevano già messo gli occhi su di me quando avevo 19 anni, ma poi Ronald Koeman diventò l'allenatore dell'Ajax e mi disse subito che voleva parlarmi".

Infatti il nuovo tecnico puntava molto su di lui e stava per cambiargli la carriera: "Andy, ti offro un nuovo contratto e ti imposterò come ala sinistra". Van Der Meyde non capì quelle dichiarazioni: "Mister ma sono destro!". Ma il tempo diede ragione a Koeman: "Mi fece giocare lì contro la Roma in Champions League. Feci una grandissima partita. Ci aveva visto giusto. Ronald è una bellissima persona e posso dire solo bene di lui: trasmette tanta fiducia ai suoi giocatori".

Un'impostazione che servì alla sua carriera anche in Serie A: "Non fu facile passare dall'Eredivisie all'Italia - racconta -. Ero un'ala, non un centrocampista e dovevo fare l'esterno a tutta fascia. In Olanda giocavo davanti ai miei difensori, all'Inter mi si chiedevano compiti diversi. Non fu facile tatticamente il passaggio tra i due campionati". 

Il rapporto con Cuper, Zaccheroni e Mancini

Van Der Meyde con il lavoro riuscì a crescere e anche il suo allenatore dell'epoca, Hector Cuper, se ne accorse: "Con il mister avevo un ottimo rapporto. Giocavo sempre, poi con il suo esonero e l'arrivo di Zaccheroni la squadra diventò troppo difensiva. Alla fine fui messo alla porta quando subentrò Mancini che comprò troppi giocatori: eravamo in 40 in prima squadra. Fu difficile ritagliarmi il mio spazio. Ma ripeto, nessun rancore, anzi: amo l'Inter e spero di vederli sempre in alto".

 

Olanda, scuola di talenti

L'Olanda per il calcio italiano è sempre stato un bacino dove attingere e trovare giovani che poi sarebbero diventati campioni assoluti. Il Milan negli anni ottanta con Rijkaard, Gullit e Van Basten, poi l'Inter negli anni 2000 proprio con Van Der Meyde e Sneijder (via Real Madrid) e per ultimo Dumfries quest'anno.

"La Serie A rimane un grande campionato agli occhi degli olandesi - è sicuro Van Der Meyde -. Stiamo parlando di uno dei campionati più competitivi e difficili in Europa e forse nel mondo. Quando vai a giocare in Italia devi essere bravo perché non è per niente facile adattarsi, soprattutto alla fase difensiva. In Olanda la gente ha tutt’ora tanto rispetto per il calcio italiano".

A cura di Alessandro Schiavone

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