Nazionale con gol 10 anni dopo. Jimenez: “Cile casa mia, ma l’Italia…”

Protagonista in Cile, in Serie A e nel calciomercato. Alzi la mano chi non si ricorda di Luis Jimenez in Italia e di quelle incredibili trattative che lo portavano alla Lazio a lottare per la Champions, o all’Inter per vincere lo scudetto, salvo poi tornare alla Ternana. Che non l’ha mai ceduto. Ora, Luis è in Cile e dopo dieci anni non solo è tornato a giocare nella sua Nazionale, ma ha pure segnato. Nel 2-1 alla Bolivia, la prima rete porta il suo nome. “Potete capire l’emozione che ho provato”, ci racconta. “Così è fantastico davvero. Sono tornato a giocare in Cile, al Palestino, e mi sono anche riavvicinato ai miei genitori, dopo oltre vent’anni di carriera in giro per il mondo. Di questi tempi, è davvero importante”.

Tornare a casa dopo anni di Europa e campionato arabo, un viaggio lungo e complicato. E c’era chi lo chiamava “ostaggio” di una Ternana che non lo liberava. “Perché? Non l’ho davvero mai capito. Dovreste chiederlo a Longarini: io ho sempre chiarito che i miei problemi non sono stati con l’ambiente, ma con lui, che ha fatto male non tanto a me, quanto alla città e al calcio italiano”. Però le sue soddisfazioni le ha prese: “Con la Fiorentina ho esordito in A e raggiunto la Champions, che poi ho rivisto con la Lazio. Nell’Inter c’erano tantissimi campioni e ho vinto due scudetti“.

“Pure a Parma” continua, “sono stato bene, dopo un’esperienza difficile nel West Ham, così come a Cesena, dove ho conquistato una salvezza che sembrava impossibile. Il calcio italiano dà tantissimo, è bello viverlo giorno dopo giorno. Anzi, se avessi potuto continuare a stare in Italia, lo avrei fatto”.
Poteva essere, ma…
Ma dove? Di squadre ne ha conosciute tante, ma avrebbe potuto vestire ancora altre maglie. “La prima offerta in assoluto che ho avuto, dopo il primo anno di Terni, è stata quella del Brescia. Ma è arrivata la Lazio. Poi, negli anni, ho ricevuto proposte anche da Sampdoria, Genoa e Torino. Mi ha fatto piacere, perché voleva dire che stavo facendo un buon lavoro”.

Ha già il patentino da allenatore (Uefa A), ma ora non vuole smettere di giocare. Anzi, nella sua testa c’è l’idea di continuare in campo e di studiare fuori: “Magari proprio in Italia, dove c’è una cultura calcistica fantastica”. Che abbia la testa da allenatore, lo si capisce al volo: “In Europa, dal Cile vanno in tanti. Non è sempre facile”, riflette.

“A un ragazzo direi solo una cosa: non abbassare mai la testa. Le difficoltà ci sono sempre, ovunque: la costanza e l’allenamento sono tutto. Se si molla anche solo di un centimetro, si resta indietro”. E chi torna a segnare dopo dieci anni in Nazionale, questo, lo sa davvero bene.