“Fortissimo, Fiorentina prendilo!”. Firmato Andrea e Roberto. Sul passaggio di Aleksandr Kokorin alla Fiorentina c’è la doppia firma in calce della famiglia Mancini. Da una parte il CT della Nazionale, dall’altra il figlio, braccio destro di Daniele Pradè sul mercato.
Una triangolazione tra Roma e Firenze con San Pietroburgo come punto d’incontro per la decisione finale. Kokorin in maglia Zenit ha mostrato tutte le sue qualità, sfruttate solo in parte da Roberto Mancini nella sua annata in Russia. Metà stagione da fenomeno, trascinatore assoluto a suon di gol. Poi l’infortunio al crociato a marzo del 2018 che ha decretato la fine del sogno Scudetto per lo Zenit.
Qualità e gol di cui ha goduto di più Fabio Capello durante la sua avventura sulla panchina della Nazionale russa. E una telefonata da Firenze è partita anche direzione Lugano, dove vive l’ex CT. E anche dalla Svizzera è arrivato un altro ok. “Di Sasha non posso che parlare bene”.
Uno più uno fa due. Che diventa tre con Andrea Mancini che già dallo scorso mercato aveva spinto Pradè ad insistere con Kokorin. Video e scouting che si aggiungevano ai suggerimenti di papà. Allora non se ne fece nulla, anche per la parola data alla Roma, poi svanita nel cambio societario. Qualche mese dopo l’assalto è diventato decisivo.
Un legame stretto con l’Italia anche a causa dell’infortunio. Kokorin si operò nel 2018 al legamento crociato del ginocchio a Roma, dal Prof. Mariani. Prima e dopo i famosi problemi con la giustizia. Chi lo conosce bene ci mette la mano sul fuoco: “Sasha è un buono. Il suo più grande problema è non saper dire di no”. Agli amici, veri e falsi. E agli eccessi, pagati a caro prezzo con il carcere. L’infanzia vissuta in un orfanotrofio e l’affidamento. Periodi non facili che per forza di cose hanno influito sul suo essere. In un senso e nell’altro.
Due facce della stessa medaglia mostrate durante un ritiro con la Nazionale Russa agli ordini di Capello. Prima il divieto di uscita eluso (insieme ad altri 4 compagni) e passato in discoteca fino alle 5, poi l’ammissione davanti alla squadra durante la riunione tecnica il giorno dopo. La punizione? Un assegno consegnato personalmente ad un orfanotrofio di Mosca.
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