La maglia viola che mai fu di Van Basten. È dove i calciatori tornano bambini; con lo sguardo sognante, perso tra gli amati strumenti del mestiere. Puoi trovarci sudamericani a bere mate, gli altri il caffè e qualcuno, imboscato, a fumare una sigaretta. Calzettoni, pantaloncini, tute, maglie, magliette e scaldamuscoli: il magazzino è uno dei luoghi sacri del Calcio.
Quello di Le 7 Sorelle – brand fondato da Armando Vallone, collezionista e imprenditore – è magico perché vintage: è il luna park degli appassionati del pallone. Dentro, c’è di tutto. E a guardarci bene si trovano pezzi che si intrecciano con le storie di calciomercato raccontate da Gianluca di Marzio nel suo “Grand Hotel”.
Lo sguardo, ad esempio, cade sulla maglia della Fiorentina stagione 1984/85: bellissima. Sponsor di maglia Opel, prodotta da Ennerre. Un tuffo in un passato dall’odore estatico di figurine Panini. Una maglia che, davvero per poco, non fu indossata da un fuoriclasse che in carriera vinse tre volte il Pallone d’Oro, altrettante Coppe dei Campioni e un Europeo da capocannoniere, segnando – in finale contro l’Unione Sovietica – uno dei gol più belli della storia del calcio: Marco Van Basten. «La prova schiacciante – racconta Gianluca nel suo libro – è custodita da Claudio Nassi, ex direttore generale di quella Fiorentina metà anni ’80. In soggiorno, esposto come un bellissimo quadro d’epoca, appare in mostra il contratto firmato dal Cigno di Utrecht: Marco aveva deciso, accettando di lasciare il suo Ajax, squadra di cui era capitano già a 21 anni, per Firenze. Sì, è così. Impensabile ma vero».
Proviamo ad immaginare se e quanto sarebbe cambiata la storia della nostra Serie A: quella Fiorentina era una squadra in cui si integravano calciatori di esperienza e giovani talenti: un mix che, con MVB9, sarebbe diventato esplosivo e vincente. Un po’ di nomi: Giovanni Galli, Gheddafi Gentile, Daniel Passarella, Capitan Antognoni, Lele Oriali, Eraldo Pecci, Il Dottore Socrates, Daniele Massaro, Paolino Pulici.
Insomma, forte forte. Con Van Basten lo sarebbe stato tanto di più e chissà se avremmo avuto lo stesso, ad esempio, il Milan di Sacchi e dei tre tulipani e se, se, se, se, se, all’infinito. La storia di questa trattativa fallita fu clamorosa. Era già chiusa e non si concretizzò per volontà della proprietà viola, non del calciatore. Fu uno «sliding doors al quadrato» con risvolti davvero clamorosi: da leggere, assolutamente. Poi Marco, un anno dopo, andò al Milan. Il resto è storia: così bella, così unica che oggi, trentacinque anni dopo, Federico Buffa, dai canali Sky, la racconta e ci fa emozionare.
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