Mancini, la Roma e il suo rapporto con Spalletti. Viaggio nei ricordi. “Che notte a Lione”
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Belo Horizonte, 28 gradi e tanto sole. Amantino Mancini si racconta dal Brasile, da casa sua a un tiro d’esterno da San Paolo e Rio de Janeiro. “Qui c’è un clima bellissimo. Ma anche a Roma si sta bene, te lo assicuro”. La Capitale gli è rimasta nel cuore. Ha ancora casa e torna spesso in città. “Ho tanti amici lì, mi piace sempre venire e respirare un clima bellissimo che solo chi vive a Roma può capire. E poi quanti ricordi…”.
Dal Brasile a Roma, così è iniziato il viaggio di Amantino. Start.
Dieci anni in Serie A, tanti aneddoti e storie da raccontare. Giocare in Europa era il suo sogno, fu notato da Baldini che lo portò in Italia: “Mi vide mentre giocavo con l’Atletico Mineiro, quel giorno feci una tripletta e lo convinsi a seguirmi. Guardavo la Serie A fin da piccolo. Gli sono molto grato, per avermi dato fiducia”.
Anche se l’inizio non è stato facile. Nel gennaio 2003 lo compra la Roma e lo gira a Venezia, in Serie B per farsi le ossa. Dal caldo brasiliano al freddo del nord Italia. “Sono passato da 30 a -2 gradi. Non è stato semplice ambientarsi. Una nuova lingua e un clima completamente diverso. Avevo freddo in ogni parte del corpo. La prima sera mi portarono a cena e mi servirono del crudo. Non sapevo che fosse. Invece poi ho scoperto che è anche molto buono, ma lì per lì fu strano”.
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Amantino, versione allenatore
Oggi Amantino fa l’allenatore, l’ultima esperienza al Vila Nova in Brasile (dove ha anche chiuso la carriera) prima era stato in Italia al Foggia: “Mi è servita come esperienza pratica. Ora continuò a studiare e aspetto un’occasione”. D’altronde nel nostro campionato di maestri Mancini ne ha avuti parecchi. Da Capello a Spalletti e Mourinho.
Il primo è stato Don Fabio. “Un generale. In tutto e per tutto. Ma in realtà è una grande persona, ti dice sempre le cose in faccia”. Tanti ricordi con lui, che gli diede fiducia e lo lanciò nei grandi. “Mi disse che dovevo impegnarmi molto. Partii con la Roma in Austria per fare il ritiro e lui mi mise subito titolare alla prima partita. Da lì non sono più uscito”. Riconoscenza. Ma quante liti tra Capello e i giocatori, Cassano su tutti. Sergente di ferro, ma il rapporto è stato sempre ottimo: “Ti racconto questa. Era giugno del primo anno, stavamo tornando da una trasferta in pullman. Mi chiama e mi dice che mi deve parlare. Ho pensato di aver combinato qualche casino. Invece mi ha fatto i complimenti per la stagione che avevo fatto. È stato un momento che non dimenticherò mai, soprattutto perché non me lo aspettavo.”
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Poi Mou e Spalletti. Il portoghese sabato all’Olimpico affronterà l’Inter per la prima volta da avversario. “Josè è un grande, ha una capacità unica di entrare dentro di te. All’Inter non andò tanto bene, ma per colpa mia non sua. Con Mourinho ancora ci sentiamo, ci siamo visti sia a Londra che a Manchester. Gli ho mandato un messaggio prima che iniziasse l’esperienza alla Roma. I primi mesi con lui giocai anche titolare, ma non ero in me. Ho avuto tanti infortuni e non sono riuscito a dare il meglio. Poi andai al Milan grazie a Leonardo, ma non cambiarono le cose dal punto di vista personale. Troppi infortuni e poche occasioni di dimostrare il mio valore”. Con Spalletti invece il rapporto è speciale. Si sente da come ne parla. “Ho un legame fantastico con lui. Ti segue, ti insegna, ti spiega. Ci tiene a farti migliorare e tu da giocatore non puoi non esserne entusiasta. Sa scherzare, ridere ma anche essere un grande comunicatore. Ora lo seguo a Napoli e spero vinca. Se lo merita”.
Il gol al Lione e il tacco di Dio al derby
Roma-Lazio, novembre 2003. Prima foto, primo capolavoro. Cross dalla destra e colpo di tacco di Amantino. Primo gol in Serie A sotto la curva sud. “Fu un momento meraviglioso. Un gesto istintivo”. Poi Lione e quegli otto doppi passi che gelarono lo Stade de Gerland. “Réveillère me sta ancora a cercà, ho detto bene? Scherzi a parte fu una giocata leggendaria. È stata la serata più bella della mia vita”.
Totti, la Roma e quella chiamata dalla Spagna…
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A Roma cinque anni e tante soddisfazioni. 222 presenze e 55 gol. Un’intesa speciale con la città e con i compagni. Dai brasiliani a Totti e De Rossi. Poi sull’ex capitano giallorosso scende nei particolari: “Francesco è un fuoriclasse unico. Vede cose che gli altri non vedono. Ci capivamo al volo. Te la dava di prima e riusciva sempre a metterla al posto giusto. Incredibile”.
Quella era una Roma che sfiorò più volte lo scudetto. “Non averlo vinto è il mio unico rimpianto”. E pensare che Mancini poteva anche andare via dalla Capitale prima del previsto: “Capello mi voleva portare alla Juventus. Andai anche a Milano a trattare. Poi la Roma non mi ha ceduto. Ma è andata bene così direi”. Nel 2008 invece i giallorossi hanno bisogno di fare casse ê Amantino è il primo nome messo sul mercato: “Mi cercarono in tanti dal Lione al Barcellona. Sarebbe stato bellissimo giocare al Camp Nou. Poi andai all’Inter di Mourinho”. Viaggio nei ricordi con Mancini. Che ora vive in Brasile e aspetta una chiamata per tornare ad allenare. Magari proprio in Italia. Con l’obiettivo di lasciare il segno, come fatto sempre da calciatore.