Nove anni fa esatti Maxi Lopez entrava all’NH di Piazza Repubblica, Milano, per restarci ben… sette giorni! “Mi ha accolto Braida”, ci racconta lui. “Mi disse subito come stavano le cose… ossia che Allegri avrebbe voluto due punte: me e Carlitos Tevez. Prima però ne doveva uscire una”.
Chi non è potuto mai uscire dall’hotel per una settimana invece è stato lui, Maxi. “Si! È successo di tutto e mi sono divertito come un matto. Oggi ricordo quel giorno con piacere. Certo, se poi non avessi firmato per il Milan sarebbe stato tutto diverso. Il mercato è pazzo e mi è capitato di perdere la testa in più di un’occasione”.
La camera di un hotel nel destino di Maxi Lopez. Siamo nel gennaio 2012 e i rapporti tra il Catania e l’attaccante argentino sono ormai deteriorati. «Fammi andare via o impazzisco» chiede il giocatore a Lo Monaco, sempre sul chi va là e poco propenso a svendere un patrimonio del club. Arriva una proposta, importante, dal Fulham, ma la cifra economica non soddisfa il dirigente, così da mandare su tutte le furie il calciatore, che a quel punto minaccia di non allenarsi più.
«Calma, Maxi, adesso troviamo una soluzione. Dove ti piacerebbe andare?» dice Lo Monaco. “Io sono cresciuto guardando il Milan». Detto fatto. Il dirigente del Catania vola a Milano senza avere la benché minima offerta in mano, ma inizia a mettere la pulce nell’orecchio all’amministratore delegato rossonero Adriano Galliani, che in quel momento sta per definire un altro affare, molto più delicato mediaticamene e non solo, ossia l’ingaggio di Carlos Tevez. L’operazione Maxi, però, non prende forma, e con il passare dei giorni il giocatore perde la pazienza. «Vado a Londra, dove mi offrono un contratto di quattro anni.»«No, aspetta, ora ti chiama Galliani». E Galliani chiama veramente. «Signor Lopez, salga su che firmiamo tutto, un prestito di sei mesi con opzione di riscatto».
Maxi Lopez, felicissimo, prende il primo aereo per Milano, lasciando l’ex moglie Wanda incinta di nove mesi a casa. «Ci mettiamo poco, vedrai, l’importante è che tu vada lì e ti rinchiuda in hotel, così facciamo anche scalpore» gli dice, lesto, Pietro Lo Monaco.
Le ultime parole famose, direbbe qualcuno, perché il Milan vuole definire prima Tevez, che va per le lunghe e non arriverà mai, e poi Maxi Lopez. L’argentino resta quindi chiuso in albergo per una settimana intera senza nemmeno poter scendere nella hall a prendere una boccata d’aria per colpa dei tanti giornalisti appostati all’esterno, pronti ad assediarlo di domande.
«A Catania non voglio tornarci, in Inghilterra non posso più andare, mi tocca persino camuffarmi per fare un po’ di palestra in un hotel qui vicino perché il mio non ce l’ha».
Disperato, Maxi, quasi in gabbia. Al sesto giorno di clausura, Pietro Lo Monaco chiama la segretaria di Adriano Galliani, il quale decide di mantenere l’impegno e procedere.
«Depositiamolo, grazie».
Freedom: Maxi libero. Le porte dell’hotel si aprono, la trattativa si chiude. E Benedicto, il terzo e ultimo figlio tra Lopez e Wanda Nara nascerà ventiquattro giorni dopo, esattamente il 20 febbraio del 2012, proprio a Milano.
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