Uno scudetto nel segno della tripla M. Naturalmente la M di Milan. E poi la M di questo sogno l’ha costruito: Maldini e Massara. Perché se c’è una squadra, quella di Stefano Pioli, che si è conquistato questo traguardo, ce n’è un’altra che dietro le quinte queste impresa l’ha resa possibile. Immaginandola, pensandola, creandola, realizzandola. Una vittoria che è frutto di un percorso programmato e di una organizzazione precisa. Visione, progettazione e capacità di guardare al futuro. I giocatori giusti. Gli uomini giusti. Questione di scelte. Questione di prospettiva.
Individuare una strada, scegliere i principi con cui compiere quel percorso, promettersi di non cambiare. Una storia fatta di passione, intelligenza e coerenza. È la (nuova) storia costruita del Milan costruito da Maldini e Massara. Un cambio netto rispetto al passato. Partire dal presente per essere ne futuro. E il destino ha voluto che il compimento di una tale impresa coincidesse con l’addio dell’ultimo giocatore dell’era Mirabelli-Fassone, Franck Kessie. Un segno indelebile. Un simbolo di una rivoluzione. Totale. Una rivoluzione di pensiero e di azione. Una gestione differente del mercato. La ricerca di giocatori che si sposino con quello che è il progetto rossonero. La scelta della persona oltre che del giocatore. Un codice morale che Maldini dal campo ha continuato a seguire anche nella veste di dirigente. Il Milan prima di tutto. Come dimostrano le scelte fatte con Donnarumma, Calhanoglu e Kessie, appunto. Metodo, progettualità e visione per entrare nella storia del Milan. Entrarci in modo coerente con il prestigio proprio di quella maglia. La maglia rossonera.
“Da dirigente devi fare il calcolo di gestire un sacco di ragazzi giovani che non sono ancora formati e a cui devi dare fiducia. In questo triennio il segreto è stato quello di aver detto delle cose e averle rispettate nel tempo. Abbiamo sempre dato un programma e un’idea credibile“, le parole di Paolo Maldini a DAZN dopo la vittoria dello scudetto. Lucidità e consapevolezza. Nel lavoro fatto, nel nome che si rappresenta, nella strada che c’è da fare. Un successo che nasce da lontano. Un traguardo che affonda le sue radici in un progetto. Idee. Precise, chiare, nuove. La decisione di puntare su Pioli, anche dopo il famoso 5-0 contro l’Atalanta. Riportare Zlatan Ibrahimovic in Italia, guida essenziale e punto di riferimento a cui guardare. Abbandonare l’appariscente estetica che si cela dietro ai grandi nomi, preferendo una più pragmatica e razionale scelta di profili congeniali al nuovo Milan. I giovani al centro del progetto con delle guide al loro fianco. Studio oculato e analisi approfondite. La libertà di potersi privare di Donnarumma, decidendo di puntare su Maignan. L’entusiasmo e l’esuberanza della gioventù di Leao, Theo Hernandez, Tomori, Kalulu. L’esperienza di Giroud. E Nell’era dei tre punti quella di Pioli, con i suoi 26 anni e 97 giorni, considerando i giocatori impiegati, è la squadra più giovane a vincere lo scudetto. Un’impresa che porta il nome di Maldini e Massara, come riconosciuto dallo stesso Sabatini: “Lo scudetto è soprattutto merito loro”, ha commentato a La Repubblica.
Nulla lasciato al caso. Un lavoro partito nel passato con gli occhi già al futuro. Il presente per festeggiare. Una mentalità, quella rossonera, presente nel sangue e nella testa: “Questo è un club particolare, noi ci mettiamo meno di altre squadre a fare certe cose, lo abbiamo nel dna. Non ci esaltiamo troppo per i momenti belli e non ci buttiamo giù per quelli meno belli”. Parola di Paolo Maldini. Il Milan è tornato grande. Il Milan è tornato a scrivere la storia. La sua. Una nuova pagina. Una nuova impresa. Il Milan è Campione d’Italia.
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