La valigia in mano, la testa alta e tanta voglia di confrontarsi con altre culture. L’esperienza di Marco Motta può insegnare molto anche ai più giovani: “Avevo voglia di buttarmi e di provare a fare un’esperienza all’estero”. Poi di paesi ne ha girati tanti: Inghilterra, Spagna, Cipro e infine Indonesia. Prima però tanta Italia e tanta Serie A.
Piazze importanti, tanti campioni e ricordi. Sia come compagni di squadra che come allenatori: “Ho avuto la possibilità di avere a che fare con migliori, sono stato davvero fortunato. Sia in campo che in panchina. Da Gasperini al Genoa, a Pioli, Spalletti, Conte, Ranieri fino a Lippi in nazionale”. L’elenco dei fenomeni con cui ha condiviso il campo sarebbe troppo lungo, basta pensare a Del Piero, Pirlo, De Rossi e Totti.
“Che poi alla Roma non dovevo neanche andarci – racconta in esclusiva a gianlucadimarzio.com – ero all’Udinese e la società non voleva cedermi. L’ultimo giorno di mercato mi chiama il mio agente dicendo di correre a firmare con la Roma anche perché stavano chiudendo le liste per la Champions League. Fu una grande emozione, totalmente inaspettata”. In giallorosso l’anno successivo troverà Ranieri, che lo aveva cercato già quando era allenatore della Juventus.
L’estero era nel suo destino, non pensava però potesse arrivare una chiamata così presto.
È il 2010 e arriva la telefonata che non ti aspetti: “Mi chiamò Mancini e mi disse che voleva portarmi al Manchester City. Rimasi senza parole. Io a Roma stavo molto bene ma di fronte a certe proposte non può dire di no. Era tutto fatto per il mio trasferimento, addirittura avevo già salutato i miei amici di Roma e prenotato il volo per l’Inghilterra. La gara di Coppa Italia contro il Catania sembrava dover essere l’ultima in giallorosso, poi il giorno dopo Ranieri bloccò tutto”.
Poi arrivò la Juve, che lo prese grazie alle buste dato che il suo cartellino era in comproprietà tra Roma e Udinese: “Un’esperienza unica con grandissimi campioni. Anche se le cose dal punto di vista dei risultati non andarono per il verso giusto ricordo la Juventus con grande affetto”. Poi Catania, voluto da Vincenzo Montella che era stato suo compagno a Roma, Bologna e Genoa.
“In ogni piazza dove ho giocato penso di aver lasciato un bel ricordo di me. Sia a Bologna che a Catania sono stato benissimo. Sul Genoa che dire, é fantastico. Quando Marassi si riempie è un qualcosa di inspiegabile, è lo stadio più all’inglese di tutta la Serie A”.
A proposito di inglese, nel febbraio del 2015 Marco sente che è il momento di cambiare, di provare una nuova avventura. Direzione Inghilterra. “È stata la scelta giusta al momento giusto. A Londra è nato anche mio figlio. Ringrazierò sempre i Pozzo per l’opportunità”. Poi dopo il Watford, la breve parentesi con il Charlton: “Andavo al campo in metro, sembrava di essere tornato negli allievi. È stata un’esperienza bella, per quanto diversa. In Inghilterra il calcio è molto fisico e gli allenamenti sono molto intensi. Avevo bisogno di confrontarmi con una cultura diversa, anche dal punto di vista sportivo. Così come in Spagna, dove ho trovato un modo di fare calcio molto tecnico. La cosa particolare del loro calcio é la tranquillità con cui lo vivono”.
Infine la tappa in Indonesia, nel Persija, a Jakarta: “É una città incredibile, io c’ero stato in una tournée estiva con la Juventus ma non avevo avuto modo di girarla. Il mio obiettivo sarebbe stato quello di chiudere la carriera in Giappone, ma ho avuto questa possibilità e l’ho colta al volo. Non avrei potuto fare scelta migliore”.
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