Niche Guerrero: “A Bari grazie a un taxista. Oggi scopro talenti in Colombia”

Niche Guerrero: “A Bari grazie a un taxista. Oggi scopro talenti in Colombia”

Per lui i tifosi del Bari hanno coniato il famoso motto: “A Bari nessuno è straniero, nemmeno Guerrero”. Lui è Miguel Angel Guerrero, per tutti El Niche. Soprannominato così dal giornalista colombiano Mario Alfonso Escobar, per il modo di giocare che ricordava i passi di salsa del Grupo Niche. “Arrivare al Bari è stata la cosa più bella della mia vita, dopo la nascita delle mie figlie. Tifosi e società mi hanno trasmesso tutta la fiducia necessaria per ambientarmi al meglio”. Parla così l’ormai ex attaccante colombiano che a Bari a metà anni ’90 fece la storia, con quell’esultanza iconica: “Il ricordo più bello è stato segnare a Milano contro l’Inter: il mio primo gol in Italia, in quella che è stata la prima vittoria del club contro i nerazzurri. E proprio in quella partita nacque l’esultanza del trenino che è diventata un simbolo”.

“Il Bari voleva il cugino di Asprilia, ma scelse me” 

18 gol in 113 presenze nella sua doppia esperienza con la maglia biancorossa, la prima iniziata per caso. Anzi, grazie a un taxista: “Il ds del Bari, Carlo Regalia e l’agente Fifa Vinicio Fioranelli cercavano una punta e vennero in Colombia per vedere Miguel Asprilia (cugino del Tino, ndr). Ma nel tragitto che li portava all’albergo, il taxista che gli accompagnava capiva bene l’italiano perché era stato 8 mesi a Genova e mentre li ascoltava si intromise nel discorso dicendo che se cercavano una punta, in Colombia l’attaccante forte era Miguel Angel Guerrero. Loro andarono a vedere la partita di Asprilia a Cali, ma non giocò bene e quando tornarono in taxi si informarono su di me perché volevano venire a vedermi. Così, il taxista gli disse che avrei giocato a Bogotà contro i Millonarios e in quella partita segnai due gol: fu lì che decisero di prendermi”. 

 


 

Dalla scarpa d’oro vinta nel campionato colombiano con la maglia del Junior de Barranquilla, alla delusione per la mancata convocazione a Usa ’94 causata da una discussione col Ct Maturana qualche anno prima, fino ad arrivare a Bari, nonostante sondaggi dal Messico e dalla Francia. 

Il presente tra scouting e mercato

Oggi, El Niche è tornato a vivere a Cali dove da alcuni anni è diventato scout e agente. 36 gradi percepiti anche d’inverno: l’ideale per chi ama il sole e il mare, ma il legame con Bari prosegue grazie alla collaborazione con Pietro Maiellaro e la MYM sports agency con Diego Carannante e Pasquale Cardamuro. Senza dimenticare il supporto della famiglia Martinez, importanti petrolieri colombiani.

 


 

Qui in Colombia ci sono tanti talenti giovani e noi facciamo questo lavoro per portarli in Italia. Do dei consigli vista anche la mia esperienza tra Spagna e Italia: cerco di far loro capire che bisogna sempre lavorare con serietà.  Il calcio italiano è molto esigente e bisogna avere una grande disciplina”.

L’obiettivo dell’agenzia è quello di semplificare l’arrivo dei giovani talenti in Europa, visto che spesso il primo trasferimento all’estero è in Argentina o in Brasile, come accaduto a James Rodriguez, Falcao o Duvan Zapata. E i buoni risultati ottenuti dai colombiani in Europa negli ultimi anni sono una fonte di ispirazione per i giovani, ma anche un invito alle società del Vecchio Continente a monitorare con più attenzione certi mercati: “Il profilo che vedo più pronto per giocare in Europa è quello di Pablo Ortiz, difensore mancino classe 2000 dell’América de Cali, molto forte fisicamente e veloce”. 

Se invece si cerca un giocatore più giovane e meno noto, Niche non ha dubbi e ci parla della sua ultima scoperta: “Quinones Wiston Mariano, difensore centrale classe 2004 di piede destro, veloce, intelligente nelle letture e forte  in marcatura. Lo vidi in un torneo a 6 ore da Cali, nel dipartimento di Pasto. L’ho portato dalla Zona del Pacifico all’America de Cali e già si allena con la prima squadra”.

L’ostacolo maggiore per questo progetto può essere rappresentato dal passaporto e dai posti da extracomunitario, anche se il talento non dovrebbe conoscere confini, soprattutto per chi lo riconosce prima degli altri. Un po’ come a Bari, dove nessuno è straniero, nemmeno Guerrero.

A cura di Mattia Zupo