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Nocerino, doppio ex di Torino-Milan. “Scelgo i rossoneri: grande gruppo, devono puntare allo scudetto. E su Ibra…”

Quando glielo chiedi non ha dubbi. “Scelgo sempre il Milan, mi è rimasto nel cuore”. Antonio Nocerino è così, schietto e diretto da sempre. Oggi vive a Orlando in America – dove ha chiuso la carriera da calciatore e sta iniziando a fare l’allenatore – ma domenica c’è Torino-Milan, partita che sentirà sua. Doppio ex, anche se su chi tifare non ha dubbi. A Milano è andato tutto bene, a Torino tutto il contrario tra incomprensioni e difficoltà. Esperienze agli antipodi. 

 


Dieci gol, inserimenti e una stagione che lascia tutti a bocca aperta. Primo anno al Milan, nessuna pressione. “Rimasero tutti stupiti, non avevo mai segnato così tanto prima. Ma quando giochi con campioni di quel calibro è tutto più facile”. Record in carriera. In estate era arrivato l’ultimo giorno, sarà lui infatti il famoso “mister x” per il centrocampo rossonero. Scelta azzeccata di Galliani, manco a dirlo. “Arrivare in rossonero è una cosa che ti cambia. A partire dalla mentalità. Quando giochi con giocatori come Ibra e Thiago Silva capisci subito la differenza”. Via agli aneddoti. Primo giorno a Milanello, primo flash. “Inizio l’allenamento e Ibra mi fa volare con una botta all’anca. Così, pronti via. Neanche mi guarda e continua come nulla fosse. Li funziona così, si va a cento all’ora”. 

Ibra crea, inventa e rifinisce. Con Nocerino che si butta negli spazi. Lo svedese a fine anno ne fa 28, Antonio va in doppia cifra. Oggi dieci anni dopo, Zlatan è ancora li. “È incredibile. Ha un carisma unico. Sa gestire il suo corpo e ha imparato, con il passare degli anni, a giocare in maniera diversa senza smettere di essere decisivo”. Quest’anno è li in testa alla classifica a giocarsi lo scudetto. Anche se a giugno potrebbe decidere di dire basta: “Lo deve decidere lui. Ha dimostrato di essere in grado di fare la differenza anche a quarant’anni. Poi non ti garantirà trentotto partite, ma magari 15 fatte bene si. In quel caso, credo sia impossibile rinunciare a un leader come lui”. Riferimento e guida, da sempre. 

 


Poi capitolo Toro. Parentesi breve e da dimenticare, anche se in partenza le aspettative dicevano tutt’altro: “Arrivavo dal West Ham, avevo voglia di tornare in Italia e ritrovare fiducia. Ventura lo avevo già avuto al West Ham, pensavo ci potessero essere le condizioni giuste per rilanciarmi”. Azzardo. La scelta infatti non si è rivelata felice, complici tanti fattori. “È stata una somma di cose. Ma le posso dire che le premesse di inizio stagione non sono state rispettate. Tornassi indietro, sceglierei diversamente. Andrà poi a Parma, prima di volare negli States. Sliding doors, cambio di vita. “Fu decisivo il ruolo di Kakà. Mi convinse che Orlando poteva essere l’ambiente ideale. Ci ha preso in pieno, se pensa che sono ancora qui”. Dopo una carriera in campo, il futuro sarà con ogni probabilità in panchina. “Mi piace molto. Ho preso il patentino Uefa A e B, vorrei provare un’esperienza da allenatore. Vediamo cosa succederà”.  

 


 

Infine un flash sull’Italia. “Non è tutto da buttare, certamente non qualificarti ai mondiali ti fa scattare un campanello d’allarme. Bisogna ripartire. Vestire la maglia azzurra è un privilegio”. Antonio l’ha indossata, prima con Lippi, poi con Donadoni. “Ricordi che porterò sempre con me. Mi vengono i brividi a parlarne”. 

Domenica sarà spettatore dall’America, anche se sa già per chi tifare. Nessun dubbio, tra ricordi e retroscena che porterà per sempre con sé.

Lorenzo Cascini

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