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Guardare sempre avanti: Parolo e quelle proposte che (non) gli hanno cambiato la vita

Non è facile essere una stella, senza atteggiarsi da stella. Anche il suo addio alla Lazio è stato da signore, da leader.

 


 

Questione di testa: bisogna guardare sempre avanti, rimanendo se stessi. A 36 anni, segnare i due primi gol in Champions League non è per tutti, soprattutto se uno dei due è al Bayern Monaco. La cosa più incredibile è che Marco Parolo, a fine partita, parlava di futuro: “Possiamo crescere se abbiamo davvero tutti voglia di farlo. È questione di mentalità, rubiamola alle più grandi”. Voce da capitano, di fatto. Lo è sempre stato.

Il blitz di Sartori e… Cherubini

Lo si capisce già quando in Serie C, a 19 anni, guida il centrocampo del Como. Stagione 2004/2005: è il suo esordio tra i grandi. Un anno intenso, bello, triste: a fine campionato si consuma il fallimento dei lariani, ma Sartori, allora ds del Chievo, lo opziona. Contratto firmato a parametro zero ma viene considerato ancora troppo acerbo: così c’è la cessione in comproprietà alla Pistoiese per due anni. Poi, il ritorno a Verona, di nuovo senza spazio. È un certo Federico Cherubini a fare la chiamata giusta. “Ciao, Giovanni: vorremmo Parolo al Foligno”. 

 


 

Incrocio di giovani in rampa di lancio: Cherubini come direttore sportivo (ora è braccio destro di Paratici alla Juventus), Bisoli come allenatore. L’incontro giusto. Un anno positivo in prestito, a cui ne segue un altro al Verona, ancora in Serie C. Si è sempre sentito in discussione, Parolo, ma inizia a chiedersi che svolta possa avere la sua carriera. Questione di poco.

 


Bisoli è infatti al Cesena in B, e a centrocampo gli serve un giocatore da far crescere con calma. In Romagna, Marco a poco a poco diventa titolare fisso e arriva in Serie A. Tre anni intensi, che gli valgono la Nazionale e, nell’inverno 2012 (l’ultimo in bianconero) un fortissimo interesse dell’Inter di Ranieri. È un testa a testa con Palombo per un posto nel centrocampo in nerazzurro: vince il blucerchiato (anche se alla fine gioca poco), ma Parolo non ha tempo per i rimpianti. Guarda oltre: passa al Parma e in 2 anni arriva a conquistare l’Europa League, negata al club di Ghirardi per questioni di bilancio. 2014: deve essere ceduto per fare cassa, c’è la Lazio dove a 29 anni corona il sogno di una carriera. Che avrebbe potuto cambiare ancora.

“Do you speak english?”

A Euro 2016 Parolo è il regista della Nazionale. Con la Germania gioca in maniera splendida, e ai rigori non tradisce dal dischetto. Non lui, almeno. La Nazionale di Conte si arrende di fronte ai tedeschi, ma il rapporto con l’allenatore diventa strettissimo, tanto che il ct, passato al Chelsea, pensa a lui per il centrocampo. Contatti con il giocatore, la trattativa si può fare. Ma Marina blocca tutto: ha 31 anni, non rispecchia le politiche societarie del club che acquista dal Leicester il 25enne Kanté.

 


Guardarsi indietro non serve. È la regola. Bisogna proseguire e perseguire: non ha mai cambiato agente in vent’anni di carriera (il suo manager, Filippo Cavadini, è ormai di famiglia). Non è un dettaglio. A proposito di stelle: avete presente “A star is born?”. Nel film, c’è una canzone semplice ma chiara. Chitarra e voce: “Maybe it’s time to let the old ways die”, è tempo di lasciarsi tutto alle spalle. E di guardare avanti. Ora continuerà a giocare. Semplice ma chiaro, come Parolo. 

Valentino Della Casa

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