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Il Toro di Sora, la Macarena, il Piacenza “italiano”. Luiso: “Avrei mandato in panchina Weah”

“Sono stato sempre me stesso anche con i miei difetti. Non essermi mai snaturato mi ha portato a raggiungere dei traguardi”. Pasquale Luiso è stato un attaccante che negli anni ’90 ha fatto le fortune di squadre come il Piacenza e il Vicenza ma l’approdo in una grande è sempre sfumato.

Il motivo? Il suo carattere competitivo: “Girava la voce che fossi un rompiscatole. Uno che non accettava la panchina. Ed era vero, non smentisco niente. Mi ricordo che il Milan aveva preso informazioni e Galliani chiamò il mio procuratore chiedendogli se c’era la mia disponbilità a trasferirmi in rossonero. Tutto si bloccò quando capirono che io mi sentivo in grado di contendere il posto anche a Weah e a qualunque altro campione. In caso contrario avrei fatto veramente un casino”.

 


 

Anche altre squadre avevano messo gli occhi sul centravanti ma le trattative si sono arenate sempre per la stessa motivazione: “Si affacciarono il Napoli e anche la Roma. Zeman all’epoca mi stimava molto. Ma avevo questo carattere difficile e alla fine i giallorossi comprarono Bartelt”. Pasquale chiarisce anche la genesi del suo soprannome, “Il toro di Sora”, che gli fu assegnato quando vestiva la maglia granata: “Tutti pensano che questo appellativo sia dovuto al mio carattere grintoso. Assolutamente no. Fecero solamente un accostamento tra il mio paese natale e il simbolo dei granata”. 

 

Nella stagione 96/97 veste la maglia del Piacenza, una squadra formata da soli giocatori italiani: “Adesso sarebbe impossibile ricreare una situazione del genere. Sono cambiati i tempi anche in termini di qualità. Il livello di difficoltà del nostro campionato era altissimo. Piovani, Pin, Mirko Conte, Delli Carri, oggi giocherebbero nelle big del calcio italiano. All’epoca invece facevano parte di una rosa che si doveva salvare”.

 


 

Quella squadra passerà alla storia anche per l’esultanza della “Macarena” uno dei balli di gruppo simbolo di quegli anni: “Mi ricordo che Gianpiero Piovani mi chiese di seguirlo in camera sua dove trovai anche altri ragazzi come Di Francesco e Taibi. Gianpiero mi disse che chiunque avesse segnato un gol nel derby con la Reggiana avrebbe dovuto esultare con quel balletto. Il giorno dopo feci una doppietta e quindi mi venne in mente di onorare quella promessa. Ci ritrovammo tutti sulla bandierina a ballare quella Macarena in modo davvero scoordinato. Il nostro allenatore, Bortolo Mutti, ci rimproverò pubblicamente nel post partita. Affermando che non si deve irridere l’avversario in quel modo. Non era nelle nostre intenzioni ma anche quello fu un grande insegnamento da parte del mister. Proprio per questo non facemmo più quell’esultanza”.

 

   


 

 

L’exploit del “Toro di Sora” ci sarà con il Vicenza di Guidolin che andrà a giocarsi anche una semifinale di Coppa delle Coppe: “Io sono l’ultimo capocannoniere italiano di questo trofeo. Fu una cavalcata pazzesca con un allenatore che ho amato molto. Ci siamo arresi in semifinale contro un Chelsea composto da campioni”.

Il Vicenza fu anche il primo club ad essere acquistato da una proprietà straniera, la English National Investment Company: “Le cose non andarono bene ma io ho un ottimo ricordo. Il proprietario era una persona giovane e anche molto presente che ci spinse anche a fare un investimento. Un giorno al campo d’allenamento io, Coco e Di Napoli vediamo una Jaguar verde con la guida a destra. Bellissima. In città c’era la concessionaria e al termine dell’allenamento andammo subito ad ordinarne tre per un costo di 110 milioni. Ricordo che in società c’era anche Scaroni che anni dopo sarebbe diventato presidente del Milan. Non abbiamo mai avuto problemi con gli stipendi”.

 


 

Oggi Luiso vuole riuscire con la solita grinta con cui aggrediva le difese avversarie a far decollare la sua carriera da allenatore: “Adesso sono fermo anche se mi sto continuamente aggiornando. Ho rifiutato offerte dai dilettanti ma se rimane questa situazione di stallo potrei anche accettare di rimettermi in gioco e ripartire. Nel frattempo mi godo il momento di mio figlio Alessio che ha 19 anni ed è da poco passato dal Sora al Frosinone. Il ruolo? Trequartista”.

Ma chi è il “Toro di Sora” di oggi ?: “Uno che mi somiglia gioca proprio nel Torino. Belotti. Ha la mia stessa determinazione mentre mi rivedo molto in Immobile nel modo di svariare sul fronte offensivo e di attaccare la profondità. Io però giocavo con gente più forte. Te ne accorgevi già quando entravi nel tunnel”. Luiso aveva però la testa dura e giocava sempre con lo stesso carattere sia in una partita di C2 che in una semifinale a Stamford Bridge.

Alessandro Cristofori

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