L’orario è di quelli scomodi se devi andare via da un albergo. Ma il tempo per una breve chiacchierata ce lo concede, scusandosi preventivamente: “Purtroppo solo 5’ che devo fare il check out”. Ce li facciamo bastare Rafael, ma la storia è troppo bella per non essere raccontata. Ieri allo Stadio Do Dragao c’era anche lui sugli spalti, a tifare un giocatore in particolare: “Jorginho, ovviamente”.
C’è un legame viscerale tra Rafael e Jorginho. Un rapporto che va oltre il concetto di ex compagni di squadra: “Siamo come fratelli, ci conosciamo da tantissimo tempo. Ormai sono parte della sua famiglia e lui è parte della mia”. Un legame che parte da lontano, dai tempi di Verona quando il neo campione d’Europa stava iniziando a muovere i primi passi nel grande calcio: “Allora non lo conoscevo. Mi dissero che nelle giovanili c’era questo giovane ragazzo, molto bravo, che era brasiliano. Pensa, neanche lo sapevo”. Si passano quasi 10 anni, ci mise poco Rafael a prenderlo sotto la sua ala protettrice: “Legammo subito. Lo aiutai nei suoi primi mesi al Verona, soprattutto per quella storia del contratto”.
Non ne vuole parlare Rafael, comprensibilmente, nel giorno dei festeggiamenti di suo fratello. Ma è giusto ricordare quanto il portiere brasiliano sia stato fondamentale nella carriera di Jorginho. Lo ha ricordato lo stesso centrocampista qualche anno fa durante un intervista al sito ufficiale del Chelsea: “Vivevo in un collegio con i monaci. Eravamo in sei in una stanza per uno, pagavo 20 euro a settimana. Mi trattavano bene tutti, il mangiare era fantastico”. Una bella storia di inclusione e solidarietà, ma non una situazione normale per un talento del calcio italiano. Una stortura che approfondì proprio Rafael, scoprendo che il suo procuratore di allora tratteneva gran parte dello stipendio che gli spettava: “Ho incontrato Rafael e siamo diventati amici. Gli ho raccontato che vivevo a 20 euro a settimana. Lui mi ha detto che forse c’era qualcosa che non andava. Rafael ha fatto alcune domande e si è scoperto che il mio agente aveva preso soldi. Io non ne sapevo nulla, a quel punto volevo arrendermi e mollare tutto. Ero completamente distrutto. Ho telefonato a casa in lacrime e ho detto a mia madre che volevo tornare a casa e non volevo più giocare a calcio”.
La famiglia prima di tutto. La mamma, fondamentale nel farlo desistere e Rafael nell’indirizzarlo al meglio grazie alla sua esperienza. Ma con la stessa umiltà che gli fa dire il giorno dopo la vittoria della Champions: “Raccontiamo Jorginho, non me. E’ lui il protagonista oggi”.
Un amico vero, un fratello dal quale Jorginho non si è più staccato: “L’ho sempre seguito, da Napoli a Londra. Ero anche a Baku quando ha vinto l’Europa League. E ieri non potevo non stare qui”. Giorni difficili, per la grande tensione prima della partita più importante della carriera: “Abbiamo cercato di lasciarlo tranquillo. Lo so bene quanto è importante prima dei grandi appuntamenti rimanere sereno. Eravamo più tesi di lui. Io, la sua famiglia. Ma era giusto stare un passo indietro”.
Poi ieri sera l’esplosione di gioia: “Abbiamo cenato tutti insieme, con le famiglie dei giocatori. E’ stata una serata bellissima”. Da quei giorni di Verona sono passati più di dieci anni. Allora è stato Rafael ad aiutare Jorginho, ora dopo il contratto scaduto con lo Spezia chissà che il favore non venga ricambiato: “Magari lo continuerò a seguire nella sua carriera. Vediamo”. E scatta una grande risata. Di felicità e gioia per l’ennesimo traguardo raggiunto da un amico speciale.
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