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Gli rubò gli scarpini, ora è il suo mister: Morrison va da Rooney

Con Morrison in squadra Wayne Rooney dovrà nascondere le scarpe, quanto meno tenerle d’occhio e scherzarci su, con un pizzico di British humor. Storia di 15 anni fa: Ravel è il golden boy delle giovanili dello United, Wayne è il campionissimo di Old Trafford, quindi il primo che fa? Mentre Rooney è in campo ad allenarsi gli ruba gli scarpini.

Verrà cacciato dallo spogliatoio e costretto a scusarsi. Ha svelato il perché di quel gesto solamente un anno fa. “Rivendendo le scarpette avrei guadagnato tanto. Rooney e Rio Ferdinand ne avevano 20 paia, a me servivano soldi per far mangiare la mia famiglia”. 

Quanti guai

Morrison non è diventato un campione, non ha avuto la carriera predetta da Alex Ferguson e non gioca in una big. L’ultimo contratto l’ha portato al Derby County a 28 anni, Serie B inglese, dopo appena 21 partite giocate negli ultimi tre anni. Ha fallito alla Lazio, all’Ostersund, allo Sheffield, al Middlesbrough e all’Ado Den Haag.

Nel 2020 ha scelto di rappresentare la Giamaica chiudendo per sempre con l’Inghilterra. “Se tornassi indietro cambierei il 90% della mia vita”. Qualche mese fa, durante una diretta con Rio Ferdinand, l’ex centrale dei Red Devils gli lesse un messaggio scritto da Sir Alex. “Dopo il debutto mi consegnò una lettera, non l’aveva mai fatto nessuno”. Perché dietro le amicizie sbagliate, i colpi di testa e le bravate c’è sempre stato un cuore d’oro. 

Morrison e la Lazio

Ravel Morrison è come una cotta estiva, di lui ti innamori in ritiro vedendolo allenarsi, come successo ad Auronzo con la Lazio. Un cucchiaio in amichevole per strappare applausi, una gara di punizioni vinta, un paio di tunnel ai compagni con tanto di “oooh”, poi nulla. Sparito.

Tare lo definì un “matto”, Pioli uno “di talento che non ascolta”. Nel 2015 ne criticò gli atteggiamenti e il disinteresse nell’imparare l’italiano, Ravel rispose con un tweet polemico cancellato in sei minuti. La mimica del corpo lo racconta in questo modo: sguardo spento, assente, disinteressato. Non parlategli mai di tattica e di schemi. Ragazzo chiuso, scostante e distante. Il primo anno dormiva in camera con Zampa, e se qualcuno lo sfotteva lui calciava il pallone a cento metri, prima di andar via tra lo stupore dei presenti.

Arrivato come una scommessa, giocherà solo 8 partite, salvo poi sparare a zero sulla Lazio: “Venivano scelti tutti prima di me, ho pensato di mollare tutto”. Lotito provò a mandarlo alla Salernitana (insieme a Braafheid), ma non ci fu verso. Si è pure allenato a Formello da solo, salvo poi lasciare Roma senza aver mai imparato una frase in italiano.

Talento sprecato

Se non è diventato qualcuno è solo colpa sua. “Spesso mi trovavo al posto sbagliato con la gente sbagliata”. La colpa sempre agli altri e mai a se stesso. “Non gioco? Chiedete a Pioli”. Negli anni ne ha combinate varie: aggressione, disturbo della quiete pubblica, risse, litigi con allenatori, compagni, fidanzate. Negli ultimi 5 anni ha giocato 50 partite.

Alla voce carriere buttate c’è il suo nome. Per Lingard era più forte di Pogba, per Rio Ferdinand un supereroe, per Ferguson il sedicenne più forte del mondo. Non è diventato nessuna di queste cose, e oggi lo consumano i rimpianti. Wayne è l’ultima speranza. 

di Francesco Pietrella

Redazione

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