Riscrivere le regole della storia. Ridefinire le cornici dell’eternità. Tanti volti. Diversi protagonisti. Un solo nome: Real Madrid. Per la quattordicesima volta. Serate abbracciate nel velo dell’epica. Imprese che nell’universo madridista assumono i tratti della normalità. Istantanee scritte nel dna di un club. Una vittoria, quella della Champions League contro il Liverpool di Klopp, diversa da tutte le altre. Unica nella sua grandezza, nella sua importanza e, soprattutto, nel suo percorso. Un successo, che si va a unire alla conquista della Liga, figlio ancor più delle altre volte dell’intelligenza e della progettazione. Un mercato, l’ultimo, lontano dai grandi colpi a cui il Real aveva sempre abiurato. Una squadra in cui negli anni post Cristiano Ronaldo si sono inseriti profili di prospettiva. Piccole grandi novità innestate nella tradizione e nell’esperienza dei blancos.
Richiamare il passato per conquistare il futuro. Un percorso diverso quello intrapreso dal club spagnolo. Una rifondazione graduale nel segno della continuità. Una rivoluzione calma e naturale. Con la tranquillità e la consapevolezza delle propria grandezza. Orizzonti in cui si è inscritto in modo coerente il ritorno di Carlo Ancelotti. Probabilmente il miglior allenatore per guidare questo cammino. Nella prima esperienza spagnola conquistò la decima. Nella seconda ha riportato il Real sul tetto d’Europa. Champions che si unisce alla vittoria della Liga. Un successo che non gli riuscì qualche anno prima. Per chiudere la trattativa del suo ritorno bastarono solo 48 ore. Per (ri)conquistare Madrid una sola stagione.
Diversi i volti, diversi i protagonisti. Una vittoria dai tanti significati. Uno, forse, in comune a molti: il senso di riscatto e rivincita. E di Ancelotti e dei giocatori. Dalla porta all’attacco. A partire da Thibaut Courtois. Arrivato nel 2018. Questi anni per arrivare sul tetto d’Europa: “Un giornale, a marzo, non mi ha inserito nella top 10 dei portieri più forti al mondo. Non voglio essere il primo, perché Alisson, Oblak, Mendy ed Ederson su tutti sono grandi portieri, ma è una mancanza di rispetto. In una stagione così, non essere nemmeno tra i primi dieci è molto strano“, ha commentato il portiere belga dopo la finale vinta. Parole di rivalsa: “Ho sentito dire molte cose in Inghilterra, forse per come ho lasciato il Chelsea. Ho vinto due volte la Premier League e non ho mai ricevuto un riconoscimento. Nella mia prima stagione a Madrid in tanti ridevano di me perché non era andata benissimo. Oggi ho vinto ed è stata una bella rivincita nei confronti di chi mi ha criticato”.
La difesa con Alaba chiamato a riconfermarsi anche lontano dalla Baviera. Militao e Mendy al loro primo grande appuntamento. Carvajal per dimostrare che la fame non è finita. Così come il trio di centrocampo che a serate così è abituato da anni. Esperienza e classe a cui si sono aggiunte la freschezza e la spensieratezza della gioventù di Valverde, tra i migliori contro il Liverpool, e di Camavinga, classe 2002 con la personalità da veterano. La consacrazione di Vinicius, per il quale il Real spese tra cartellino e commissioni 61 milioni in totale quando ancora non era maggiorenne. Scommessa per tanti, certezza per i blancos. Nello stesso tracciato il suo compagno Rodrygo. Infine, il nueve. Karim Benzema. La classe e l’intelligenza elevate ad arte. Troppo spesso sottovalutato. Con questo trionfo, forse, se ne avrà la giusta esaltazione. Ammirazione e lode per chi la storia la scrive da anni. L’attaccante per il quale la vittoria fa rima con normalità. Ora il palcoscenico è suo, finalmente.
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