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Rodri, l’equilibratore del Manchester City di Guardiola

Rodrigo Hernández Cascante, da tutti conociuto più semplicemente come Rodri. La terra spagnola dove affondano le sue origini. Oltre la Manica la sua piena affermazione e consacrazione. Tranquillità, sobrietà e sostanza come costanti variabili del suo essere giocatore. Un giocatore in cui si rispecchia l’essenza dell’efficienza. Un giocatore che all’estetica preferisce l’intelligenza e l’utilità tattica. Si è imposto come un elemento fondamentale negli schemi dei Citizens.

 


La Spagna di Rodri

Se c’è una nazione che può essere dipinta come la patria dei centrocampisti è, probabilmente, la Spagna. Qualità, tecnica e cervello. Già, il cervello. Il pensiero e la ragione come guida del proprio gioco. Ed è in questa filosofia che rientra il calcio di Rodri. Uno il riferimento. Xavi o Iniesta? No, Sergio Busquets. “Guardavo attentamente soprattutto Busquets. Lui e gli altri che hanno posato le fondamenta dello stile di gioco che sapevo avrei dovuto seguire”. Gli inizi sono nelle giovanili dell’Atletico Madrid. Fino a quando all’età di 17 anni viene lasciato andare via. Il motivo? Troppo fragile fisicamente. Il percorso di crescita continua al Villareal. Con Marcelino l’esordio in Liga a 19 anni. Con il tempo si conquista la maglia da titolare e diviene una pedina centrale della squadra. Prestazioni che valgono la chiamata della nazionale e… dell’Atletico Madrid,

 

Nell’estate del 2018 torna nei colchoneros per una cifra superiore ai 20 milioni. Una decisione per crescere, per “completarsi come giocatore“. Prospettive e insegnamenti diversi, quelli di Simeone, necessari per formarsi. Ben presto diventa un giocatore chiave per il Cholo, tanto da portare i tifosi dell’Atletico a fischiare l’allenatore per la sostituzione dello stesso Rodri in una partita contro l’Eibar. Un processo che si conclude poi in Inghilterra. Un panchina un altro maestro, Pep Guardiola.

 


 

Essere Rodri nel Guardiolismo

Nello scacchiere di Gurdiola gli uomini cambiano, girano, si cambiano. Tranne, forse, uno che resta. Al centro. Rodri. Il suo essere silenziosamente fondamentale, quasi invisibile agli occhi dei più disattenti. Poco appariscente, ma essenziale per l’equilibrio dell’intero sistema. Un giocatore che predilige la più fredda e razionalità sostanza rispetto alle appariscenti esteticizzazioni. “Di centrocampisti difensivi ce ne sono tante tipologie, quello alla quale voglio assomigliare io è il giocatore che dà equilibrio, che gioca a un tocco, dà fluidità e soprattutto rompe le linee con i passaggi. Difensivamente voglio che i centrali sappiano che hanno davanti un pivot che sarà sempre sulle seconde palle e le respinte, che va a recuperare palloni e che è sempre ben posizionato”. Il Manchester City lo acquista l’estate successiva, pagando la clausola rescissoria di 70 milioni. Il compito sostiuire Fernandinho. Un primo periodo di assestamento. Gli insegnamenti di Guardiola da assimilare e interiorizzare. Partita dopo partita Rodri diventa il centrocampista difensivo del Manchester City di Guardiola. Il giocatore in grado di dare equilibrio all’intero universo della squadra inglese, come dimostrano le parole che De Bruyne spese per lui: “Penso che sia il perfetto centrocampista difensivo per il nostro gioco. Per noi il centrocampista difensivo è un ruolo complicato, devi avere certe caratteristiche e non ci sono molti giocatori che hanno sia quelle offensive che quelle difensive”. Perchè, come disse Guardiola, Rodri è colui che”pensa cos’è meglio per la squadra, non gioca per fare una bella prestazione, gioca per rendere la vita migliore ai compagni”

Nicolò Franceschin

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