Alle origini del Cholismo: così a Catania nacque una leggenda 

Alle origini del Cholismo: così a Catania nacque una leggenda 

Quando Luis Suárez depositò in rete il pallone del definitivo 1-2 che elevò l’Atletico Madrid alla vittoria della Liga e condannò alla retrocessione il Valladolid targato Ronaldo, le telecamere di tutto il mondo si mostrarono fin da subito vogliose di regalarci un’immagine. No, non fu la maestosa esultanza del Pistolero, pienamente giustificata tra l’altro dalla cocente scottatura blaugrana.

 


Le telecamere si concentrarono esclusivamente sul volto euforico dell’uomo in panchina. Perché è inutile girarci intorno, anche questo arrembante capitolo di storia Atleti porta, indissolubilmente la firma di Diego Pablo Simeone. Tuttavia la questione è un’altra. Cosa si cela dietro la rinascita del Nove di Salto? Cos’ha spinto Carrasco a voler tornare fortemente sulla barca dopo l’esilio cinese, a tal punto da modificare parzialmente il suo stile di gioco in favore della duttilità? E perché Ángel Correa e Marcos Llórente appaiono così rivitalizzati dopo stagioni precedenti altalenanti?  Insomma, per farla breve: cos’è il Cholismo? Dove nasce?

Per scoprirlo ci occorre metterci comodi e avanzare spediti verso un viaggio nel passato. Catania, 19 gennaio 2011. Tutto parte da qui. Da quel primo allenamento che inaugura ufficialmente i campi di Torre del Grifo e dà inizio, contestualmente, all’avventura europea in panchina del nostro protagonista. 

 

Direttore, ma che stanno facendo i ragazzi, si menano?
Lasci stare, Presidente. Questa è garra. Se non lottiamo su ogni pallone già qua come li possiamo mordere gli avversari?
I protagonisti di questo fugace scambio di battute sono Nino Pulvirenti e Pietro Lo Monaco, rispettivamente al tempo presidente ed AD degli etnei. Il contesto però sorprende.

Perché Simeone dirige le operazioni, nel freddo di gennaio ai piedi dell’Etna, iniziando con un riscaldamento atipico, in cui i giocatori in continuo e caotico movimento si scontrano, nel contendersi il pallone stretto tra le mani: non è rugby, non stanno nemmeno “pogando”, è solo il primo atto del nuovo corso rossazzurro, la miccia che deve accendere i cuori per svegliare il Catania dal pericoloso torpore in cui è piombato. Ad incitare i ragazzi, al fianco di Diego, c’è il “profe” Ortega: molto più che un semplice preparatore atletico.


Rappresenta infatti un preciso riferimento nella scala motivazionale di cui il Cholo è vertice ma nella quale sono ricompresi con ruoli di prima responsabilità tutti i componenti dello staff tecnico, incluso il Mono Burgos con le sue piccole calamite rotonde che aderiscono alla lavagnetta molto “anni ‘90” sulla quale si mostrano le combinazioni tattiche e viene disegnato un calcio magnetico, appunto. Con queste premesse, l’entusiasmo appare palpabile e i risultati sotto gli occhi di tutti.

Quella squadra ,d’altronde, meritava tutto purché i bassifondi: Peppe Mascara, Maxi López, Ciccio Lodi, Alejandro Gómez, El Toro Bergessio, l’accoppiata Silvestre-Spolli, Marco Biagianti, Mariano Izco, Ezequiel Carboni e Adrian Ricchiuti. Un vero e proprio mix perfetto che, tra Italia ed Argentina, ricerca perennemente qualità ed esperienza. Mattatore di risultati prestigiosi quali la vittoria nel derby, il pareggio a Torino con la Juve e l’importantissimo 2-1 ai danni della Roma che sa di record ,alla luce dell’undicesimo posto finale e di essenza, se si guarda che, a realizzare il timbro sul gong fu proprio quel Papu da sempre fedelissimo al Cholismo e devastante grazie ai suoi insegnamenti, derivanti da San Lorenzo.


A prendersi la scena però è ancora una volta il deus ex machina rojiblanco. Maniaco assoluto del particolare, anche quando si tratta di sottigliezze all’apparenza insignificanti. Tra questi accorgimenti, anche… il look del responsabile comunicazione del Calcio Catania.

Un giorno Angelo Scaltriti si presentò completamente sbarbato allo stadio e lui lo accolse così: “Anscelito, te sei fatto la barba? Allora vinciamo!”. Il Catania vinse una gara delicata e da quel giorno, alla vigilia di ogni match, il Cholo si sincerava con discrezione e decisione, cioè alla Simeone, che al suo uomo-comunicazione non mancasse mai l’occorrente per la rasatura. 

A proposito di stampa, c’era ai tempi di Catania un solo limite: no alla conferenza pre-gara, troppa tensione a 24 ore dal fischio d’inizio, l’appuntamento in sala stampa era anticipato al mercoledì o al giovedì. E forse, dopotutto la chiave sta proprio qui. Amore per i dettagli, vera e propria ossessione. L’Etna e il Cholo ancora oggi, per tanti, motivo di grande commozione. Forse, ancora adesso un aereo festante di ritorno da Brescia sta ancora tremando. In ricordo dei tempi umili. Perché in qualsiasi parte del mondo, lo sforzo non sarà e poi mai negoziabile.

di Damiano Tucci