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“Blue”? No, azzurro: retroscena Spalletti

Nuova era, nuova vita. Nel maggio 2021 Luciano Spalletti ha trovato squadra dopo due anni passati a guardare. L’ex allenatore dell’Inter non arrivava in una piazza qualsiasi. Lo aveva accolto Napoli, che già lo aveva cercato qualche mese prima quando Gattuso era in bilico: all’epoca non se ne fece nulla, ma le parti si erano conosciute e si erano piaciute subito. È stata questione di pochi mesi.

Il celeste Spalletti lo aveva già indossato ai tempi dello Zenit. Il blue (rigorosamente all’inglese) lo ha sfiorato. Ve lo ricordate Luciano alla Roma? Ma non la seconda esperienza, eh. La prima: quella dal 2005 al 2009, che contendeva all’Inter lo scudetto quasi ogni anno. Era un bel calcio, il suo. Talmente bello da piacere oltre manica a un certo Abramovich. E le trattative con i proprietari del Chelsea sono sempre belle da raccontare.


«Vediamoci e ne parliamo» dice il numero uno del club inglese, che fissa l’appuntamento decisivo in una delle innumerevoli sale riunioni dell’hotel. Ad accogliere Luciano Spalletti e gli intermediari italiani della trattativa, tra cui Moreno Roggi, ci sono anche il presidente Bruce Buck (che qualche anno prima si è occupato personalmente delle pratiche legali per una serie di acquisizioni da parte della società petroliera Sibneft, di cui Roman era azionista di maggioranza) e due «consiglieri» dello stesso magnate.


«Accomodatevi» li accoglie con voce seria Abramovich. Si parte. Era previsto un summit di un paio d’ore ma il discorso si dilunga ampiamente, tra dettagli tattici e domande personali. «Come faresti giocare il Chelsea?» oppure «che tipo di acquisti vorresti? Quanti? In che ruolo?» o ancora «Londra ti piace?» insiste il numero uno russo, scavando nei tanti cassetti di un Luciano sempre disponibilissimo, che ribatte colpo su colpo e senza paura di annoiare. Dopo quasi cinque ore di colloquio Roman inizia a farsi nervoso, quasi impaziente, e pian piano porta il discorso fino a spegnersi. «Grazie, direi che ci siamo» lo spalleggia Buck.


Abramovich si alza, riordina i foglietti gettando quelli usati, sistema le matite e riposiziona tutte le sedie, accompagnando gli ospiti con gentilezza verso la porta, restando però all’interno della sala insieme ai suoi collaboratori. È tempo dei saluti. Spalletti scarica la tensione, soddisfatto, ma prima di lasciare l’hotel chiede di andare in bagno. «Prego, da quella parte» indica l’inserviente. 

L’incontro con Ancelotti

Gli intermediari escono, lui resta dentro ancora per qualche minuto e sulla scalinata che lo avrebbe portato all’uscita incontra Carlo Ancelotti, in quel momento allenatore del Milan campione di tutto. «Carlo! Cosa ci fai qui?» domanda con relativa sorpresa Luciano. «Sono in vacanza…» dribbla con un sorriso bonaccione e un po’ imbarazzato Ancelotti, pronto a incontrare anche lui il proprietario del club inglese. Entrambi avevano perfettamente capito che la panchina del Chelsea sarebbe comunque andata a un italiano e che la scelta definitiva sarebbe avvenuta precisamente lì, all’Hotel Four Season di Parigi. Dove la spunterà Carletto.


Dodici anni dopo, il passaggio di testimone è quasi diretto. Ancelotti infatti a Napoli ci è stato fino al 2019, due anni prima dell’arrivo di Spalletti. La differenza? Che l’esperienza campana di Ancelotti fu infruttuosa, quella di Spalletti tutt’altro.

L’allenatore ex Inter ha portato il Napoli sul tetto d’Italia, instaurando con la squadra e i tifosi un rapporto bellissimo. Rapporto sancito, a poche settimane dalla conquista dello scudetto, dal tatuaggio da parte di Spalletti dello stemma del Napoli. Ora comincia una nuova sfida con la Nazionale.

Redazione

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