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Giovane, competitivo e sostenibile: il metodo dietro la costruzione dello Spezia

La copertina ormai da settimane se la stanno prendendo Vincenzo Italiano e i suoi ragazzi. La vittoria con il Milan è stato il manifesto di quello che si sta costruendo allo Spezia e quel 14esimo posto, stabile da alcune settimane, è il biglietto da visita che domani consegneranno all’ingresso dell’Allianz Stadium. “Giochiamocela”e comunque vada sarà una festa.

Ma dietro a tutto questo c’è un lavoro di squadra importante, lontano dai riflettori, capitanato dal Direttore Generale dell’Area Tecnica Mauro Meluso e dai suoi fidati collaboratori Stefano Melissano e Angelo Antonucci. Una vera e propria missione iniziata a settembre dello scorso anno a pochi giorni dalla promozione in Serie A. Sei mesi vissuti a cento all’ora, a bordo di una vettura sulla carta inadeguata per la Serie A, ma divenuta giorno dopo giorno monoposto seria e affidabile. Ma soprattutto credibile nell’andarsi a giocare il GP più affascinante della stagione: lo Juventus Stadium come fosse Montecarlo.

 


 

Ma lo Spezia di Italiano e Meluso parte da lontano. Più precisamente da Pescara e Lecce, le basi di in un triangolo immaginario con la Riviera di Levante. 19 ottobre 2019, stadio Adriatico. Lo Spezia è partito malissimo in Serie B: nelle prime 7 partite sono arrivate 5 sconfitte, 1 pareggio e 1 sconfitta. Italiano è in bilico e già si ragiona ad un suo allontanamento. Ma in quel pomeriggio autunnale cambia la storia recente del club. Vittoria in rimonta, è la svolta. Da lì parte la cavalcata.

Sulle rive dello stesso mare, ma un po’ più a sud, c’è Mauro Meluso, che da tre anni in Salento sta costruendo una realtà importante. Migliorando ogni anno la squadra e tenendo i conti societari sempre in ordine. Il Lecce con un doppio salto è ritornato in Serie A, costruendo una squadra in linea con le ambizioni e disponibilità del club. La massima serie non è sinonimo di massima spesa, soprattutto per una neopromossa. Per lunga parte della stagione l’osservato speciale, oltre a Liverani, è proprio lui, il costruttore di questo piccolo gioiello. Lo Spezia guarda interessato, poi il mese di agosto cambia tutto. Lecce e Spezia, idealmente, si passano il testimone della Serie A e, dopo la separazione da Guido Angelozzi, parte la telefonata: “Mauro verresti da noi?” Il dg accetta, consapevole della rincorsa da affrontare e il 1 settembre firma.

 


 

“Aiuto”. Probabilmente è stata la prima parola pronunciata stilando il programma per affrontare la Serie A. Tempi brevi e una rosa da puntellare. Ma sempre seguendo le linee guida che si porta dietro da anni: sostenibilità, competitività e futuribilità. Senza uno di questi tre fattori il rumore della caduta sarà più forte della – eventuale – retrocessione. A Lecce lo hanno vissuto, positivamente, sulla loro pelle proprio in quest stagione.

I tanti prestiti, alcuni legati all’eventuale permanenza in Serie A, sono tornati alla base. Dalle intuizioni chiamate Barak e Lapadula, passando per Farias fino alle delusioni Babacar e Imbula. Giusti e sbagliati, ma tutti acquisti ragionati in funzione del medio-lungo periodo, perché ormai è impensabile fare calcio senza avere ben chiaro il bilancio societario. Allo stesso modo chi è rimasto è diventato patrimonio della società. Falco e Petriccione, entrambi arrivati a zero, sono stati venduti per 3 milioni di euro e i tanti acquisti fatti negli anni formano la base del Lecce di questa stagione. Su tutti capitan Mancosu, protagonista di 14 gol in Serie A e arrivato nel 2016 a zero dalla Casertana.

 


 

Si sbaglia ovviamente, come in ogni mestiere. E i momenti di difficoltà, soprattutto per chi è all’esordio in Serie A sono dietro l’angolo. A Spezia ovviamente sperano non arrivi mai, ma sono preparati perché alla base c’è una metodologia in cui credono. E che ha già funzionato. Meluso e il suo staff, muniti di carta carbone, da settembre hanno rimesso in piedi la macchina. Venti acquisti e sedici cessioni in due sessioni di calciomercato. Spesa totale: poco più di tre milioni. Creando patrimonio da questa stagione con il rinnovo di Gyasi e gli acquisti di Nzola a parametro zero e Ismajli dall’Hajduk Spalato, entrambi sui taccuini di molti club. E pianificando il futuro sui giovani. Sperperando? No scommettendo, su loro stessi e sui ragazzi. L’elenco è d’obbligo: Estevez in prestito con diritto di riscatto a 1,8 mln, Sena a 2,2 mln. Così come Agudelo dal Genoa. Salendo il livello, ovviamente aumenta la forza dei top club. Chabot e Pobega sono in prestito con diritto di riscatto e contro riscatto. Mentre sul gioiello Agoumé l’Inter non ha ceduto: prestito secco.

Poi c’è il campo ovviamente, giudice supremo del lavoro di una stagione. E la sentenza arriverà il 23 maggio, ma a Spezia hanno le idee chiare su come arrivarci. Italiano e i suoi ragazzi se la stanno giocando al massimo, con il pensiero fisso che il lavoro alla fine paga sempre. Soprattutto se fatto con metodo e passione. Ma almeno per domani, a Torino, contro la Juventus, è ancora tempo di sogni.

Marco Juric

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