In terra lusitana, ancora prima di Cristiano Ronaldo e dopo Eusébio, c’è stato un altro grande figlio della generazione d’oro del Portogallo. Luís Filipe Madeira Caeiro Figo, per tutti Luís Figo, sui campi di calcio è stato un’artista del dribbling e una delle ultime ali dei tempi moderni al servizio dei compagni.
Un campione amato e odiato, “nato per trionfare” e competere per i traguardi più grandi. Ha vissuto una carriera leggendaria, iniziata dalle giovanili dello Sporting Lisbona e proseguita prima a Barcellona poi, dopo la gran traición (‘il grande tradimento’) da primo galactico dei Blancos, avviando una nuova era per il Real Madrid. Gli è mancato solo un grande trionfo con il Portogallo, sfiorato nell’Europeo del 2004 e nei Mondiali del 2006. Ha chiuso da vincente con la maglia dell’Inter, concludendo la sua carriera da capitano con l’ovazione che San Siro gli tributò contro l’Atalanta nel maggio 2009.
In Serie A arrivò soltanto nel 2005, dieci anni di ritardo rispetto alla linea calcistica del tempo. Colpa di una ‘guerra di potere’ fra la Juventus e il Parma e i suoi due presidenti, Umberto Agnelli e Calisto Tanzi. D’altronde Luís Figo, campione anche di personalità e ambizione, è stato sempre divisivo: nel Clasico del 23 novembre 2002 i tifosi catalani, sentendosi abbandonati nella loro causa, gli tirarono di tutto, compresa una testa di maiale arrostito.
Nell’ottobre 1994 il Pallone d’oro nel 2000 è ancora un ragazzotto ventiduenne di Almada, distretto di Lisbona, dal contratto in scadenza con lo Sporting e, in una promessa di matrimonio in vista di febbraio, ha appena stretto la mano al direttore del Parma Giambattista Pastorello.
Il problema è che, spinto dall’amico Paulo Sousa, ai tempi giocatore della Juventus, ha accettato poco dopo anche il contratto triennale offerto dalla triade bianconera Bettega-Giraudo-Moggi, prima di rinnegare la sua parola e firmare un secondo accordo con il Parma: “Da quel momento l’intrigo diventa una questione di Stato, nello specifico un vero e proprio scontro globale a tutto campo tra due famiglie, Agnelli e Tanzi, che nella metà degli anni ’90 si spartiscono il territorio economico italiano e non solo”.
Poi arriverà l’incontro diplomatico risolutore tra le due proprietà, organizzato in grande stile e raccontato nel dettaglio attraverso le pagine di ‘Grand Hotel Calciomercato’ fino alla messa al bando dalla Serie A e l’incredibile passaggio al Barcellona che si ritroverà il giocatore quasi per caso. Cinque anni più tardi verrà rivenduto a 120 miliardi di lire, il costo della clausola rescissoria, esercitata dagli acerrimi nemici del Real Madrid di Florentino Perez.
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